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LA DECISIONE

Corruzione, ecco perché è stato rigettato l’appello di Luca Sammartino: c’è il rischio di altre «condotte illecite»

L'ex vicegovernatore resta sospeso per un anno dagli incarichi pubblici: restano .“da scontare” 9 mesi

Di Laura Distefano |

Luca Sammartino ha «piegato il suo incarico elettivo e di governo al soddisfacimento degli interessi del proprio “entourage” politico, con noncuranza, non preoccupandosi del rispetto delle regole che governano la funzione pubblica e delle necessità di assumere un ruolo imparziale e di tutela della collettività». Tiene la linea dura il Tribunale di Catania che ieri ha rigettato l’appello presentato dalla difesa del deputato regionale leghista e ha confermato la misura interdittiva emessa dal gip lo scorso aprile, nell’ambito dell’inchiesta Pandora, della sospensione dai pubblici uffici per la durata di un anno. Tre mesi in realtà sono già passati. Quindi ne restano “da scontare” altri nove. Anche se c’è sempre la Cassazione.

Sammartino è indagato per due casi di corruzione: il primo è l’ormai famoso “patto delle farmacie”; e il secondo è l’aver assunto un carabiniere per bonificare la segreteria di via Gabriele D’Annunzio da possibili microspie. Il Tribunale conferma per entrambi gli episodi. E inoltre «reputa che nessuna violazione sussista» in materia di intercettazioni» e che «gli esiti delle captazioni e videoriprese siano pienamente utilizzabili». La difesa, infatti, ritiene che serviva l’autorizzazione da parte del Senato visto che Sammartino condivide la segreteria con la compagna Valeria Sudano.

Il teatro del primo accordo corruttivo è Tremestieri Etneo, che è poi il cuore territoriale dell’indagine condotta dai carabinieri con il coordinamento dei pm Rocco Liguori, Fabio Saponara, Santo Distefano e dall’aggiunto Francesco Puleio e dal procuratore facente funzioni Agata Santonocito.

L’obiettivo era far passare nella maggioranza che sosteneva l’ex sindaco Santi Rando (anche lui indagato e attualmente in carcere) il consigliere comunale Mario Ronsisvalle (indagato). Quest’ultimo chiedeva come merce di scambio per la migrazione di non far aumentare il numero di farmacie nel Comune in modo da non creare concorrenza a Ronsisvalle. Il “ribaltone” di Ronsisvalle sarebbe servito a Sammartino per avere il suo pacchetto di voti poi da utilizzare per le elezioni Europee del 2019 a sostegno di un’inconsapevole CaterinaChinnici. All’epoca entrambi erano nel Pd. Il Tribunale è convinto che Sammartino non solo fosse «consapevole dell’accordo corruttivo» ma lo avrebbe avallato e sostenuto, «fornendo con i suoi contatti, interventi e pressioni su funzionari della Regione, dell’Asp e consiglieri comunali, un contributo morale e materiale».

Disinvoltura

Per il Tribunale, nella disamina delle esigenze cautelari, c’è «il rischio» che Sammartino possa macchiarsi «di ulteriori condotte illecite». I giudici scrivono: «La possibilità dell’indagato in ragione delle sue attribuzioni pubbliche di rapportarsi a una pluralità di soggetti anche loro investiti della funzione pubblica a vari livelli impone l’applicazione di una misura idonea a inibire in radice condotte illecite». Il Tribunale parla di «disinvoltura manifestata dall’indagato nell’agire anche in nome di interessi privati evidentemente a vantaggio della propria politica e di quella dei suoi alleati».

La ciliegina sulla torta per il collegio presieduto da Larato è stata aver assoldato un uomo in divisa per verificare se ci fossero cimici nel suo quartier generale: «Giudizio confermato dal ricorso alle capacità professionali di un pubblico ufficiale, in spregio ai doveri cui questi era tenuto, per fini esclusivamente privati, quali quello di ostacolare indagini a suo carico». Ed è proprio questa la frase che chiude le 36 pagine che hanno un effetto immediato negli equilibri del governo regionale.

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