Cronaca
Coronavirus, torna in carcere il boss di Brancaccio Antonino Sacco
Torna dietro le sbarre il primo dei quasi 400 boss che sono stati scarcerati dall’inizio dell’emergenza Coronavirus per le loro gravi condizioni di salute o per l’eta avanzata. Le porte del carcere si riaprono per Antonino Sacco della famiglia mafiosa di Brancaccio. Ed è la prima applicazione del decreto approvato qualche giorno fa dal Consiglio dei ministri, su proposta del Guardasigilli Alfonso Bonafede, che ha imposto di rivalutare le loro decisioni a tutti i magistrati che hanno disposto i domiciliari per detenuti sottoposti al 41 bis o al regime di alta sicurezza, proprio alla luce del rischio contagio da Covid-19 nelle carceri. «Il decreto antimafia funziona: i mafiosi tornano in carcere», sottolineano i grillini con un post sul Blog delle Stelle. Poco dopo è il capo politico Vito Crimi a ribadire il concetto, quasi con le stesse parole: «Il decreto Bonafede appena varato comincia a dare risultati positivi». Di tutt’altro avviso Fratelli d’Italia, che con Forza Italia, sostiene la mozione di sfiducia presentata dalla Lega nei confronti del ministro.”Gli arresti domiciliari concessi a circa 8000 detenuti, dei quali 375 boss mafiosi, con la risibile motivazione del rischio contagio non sono stati attenuati con il decreto correttivo deliberato dal Consiglio dei Ministri», lamenta il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli. Italia Viva potrebbe però non votare la mozione di sfiducia, un’ipotesi che resta però ancora in campo. «Abbiamo chiesto chiarezza al premier, se ci ascoltano su questioni poste non vedo perchè sfiduciarlo» dice il capogruppo al Senato Davide Faraone, a proposito del ministro, che domani proprio sul caso delle scarcerazioni sarà ascoltato dalla Commissione Giustizia della Camera. La polemica è ancora aperta, non solo a livello politico. “L’effetto delle scarcerazioni di questi mesi è stato devastante. Ha minato la fiducia nella giustizia e nello Stato che avevamo faticosamente conquistato negli ultimi anni» avverte dalle colonne del Fatto Quotidiano il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Sacco, condannato per mafia e estorsioni (fine pena prevista nel 2027), aveva lasciato il 6 aprile scorso il carcere di San Gimignano. Il magistrato di sorveglianza di Siena Maria Letizia Venturini gli aveva concesso la detenzione domiciliare, in luogo del differimento delle pena, presso la Casa di accoglienza parrocchiale della stessa località. Le patologie del boss (ha avuto un infarto e soffre di una cardiopatia ipertensiva) e la sua età (65 anni), aveva argomentato il giudice, lo rendono “soggetto a particolare rischio» in caso di infezione da Coronavirus. Due giorni fa il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha comunicato che Sacco poteva essere trasferito nel carcere di Livorno, che è dotato di «ampia offerta specialistica» e all’occorrenza può avvalersi «delle strutture sanitarie del territorio». Tenuto conto di questa disponibilità e considerato che «attualmente si assiste a una fase di relativa rimessione della diffusione dell’epidemia con riduzione del numero dei nuovi contagi e delle infezioni» lo stesso magistrato ha disposto la revoca dei domiciliari «non sussistendo più i presupposti per il mantenimento dell’eccezionale regime di esecuzione penale».