CATANIA – Termini a difesa: li ha chiesti il nuovo collegio di legali di Raffaele Lombardo alla prima sezione della Corte d’appello di Catania dove si sarebbe dovuta celebrare la prima udienza del nuovo processo per concorso esterno all’associazione e corruzione elettorale all’ex presidente della Regione Siciliana. Gli avvocati Maria Licata, Sergio Ziccone, unico penalista riconfermato, e il professore Vincenzo Maiello, ordinario di diritto penale all’Università di Napoli, hanno chiesto tempo per potere studiare i numerosi faldoni e fascicoli del procedimento. La Corte d’appello ha accolto la richiesta e l’udienza è stata aggiornata al prossimo 7 giugno. L’ex governatore non era presente in aula. Il nuovo processo scaturisce dalla decisione della Corte della Cassazione di annullare con rinvio la sentenza del procedimento di secondo grado.
Il processo riparte dopo oltre cinque anni di udienze e due sentenze, dall’esito differente, e le lunghe indagini dei carabinieri del Ros sui rapporti tra politica, imprenditori, “colletti bianchi” e Cosa nostra. La Seconda sezione penale della Cassazione, lo scorso anno, ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che a sua volta aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa.
Nelle motivazioni la Corte d’appello di Catania, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva rilevato che «il summit tra i vertici mafiosi e Raffaele Lombardo nel giugno del 2003 a casa» dell’ex presidente della Regione, uno dei pilastri dell’accusa, «è un fatto assolutamente privo di riscontro probatorio». Erano stati invece dimostrati, secondo i giudici di secondo grado, «i rapporti tra Lombardo e esponenti della mafia, che avrebbero agito per agevolare la sua elezione, ma dal quale non avrebbero ricevuto alcun favore». La Corte d’appello gli aveva contestato la corruzione elettorale con l’aggravante di avere favorito la mafia, che non usa violenza né intimidisce, ma compra i voti con soldi, buoni spesa e favori. Una decisione non condivisa dalla Cassazione che «in accoglimento del ricorso della Procura generale di Catania» ha annullato «la sentenza con rinvio ad altra sezione» della Corte d’appello di Catania. Il Pg della Cassazione, Stefano Rocci, aveva chiesto la conferma dell’assoluzione dall’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa e l’annullamento con rinvio della condanna a due anni.