Cinque scafisti, tre bengalesi e due sudanesi, sbarcati in due approdi il 26 dicembre scorso a Lampedusa, sono stati fermati dalla polizia per associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata, tortura e sequestro di persona a scopo di estorsione. Il provvedimento della Dda di Palermo, eseguito martedì scorso, è stato convalidato dal gip che ha disposto la misura cautelare in carcere per i cinque indagati.
Alcuni migranti avrebbero denunciato le violenze subite nelle safehouse libiche per tutto il tempo della loro permanenza all’interno del compound e fino a poco prima della partenza per la Sicilia.
Il fermo è stato convalidato il 27 gennaio scorso dal Gip di Agrigento che, accogliendo la richiesta della Dda i Palermo, ha emesso un’ordinanza cautelare in carcere per i cinque indagati. La notizia è stata resa nota soltanto oggi.
L’indagine era stata avviata dalla polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Palermo, dopo due sbarchi avvenuti a Lampedusa il 26 dicembre 2022. In quell'occasione personale specializzato ha acquisito informazioni sull'esistenza di un presunto traffico di esseri umani, in prevalenza di origine bengalese, dalle coste libiche fino ai confini nazionali. Alcuni migranti avrebbero denunciato le violenze subite nelle safehouse libiche per tutto il tempo della loro permanenza all’interno del compound e fino a poco prima della partenza verso le coste siciliane. Dalle successive investigazioni si è appreso che le vittime della tratta, dopo aver versato nel loro paese d’origine le quote necessarie per il loro trasferimento in Libia, venivano recluse all’interno nei 'centrì fino al pagamento di un’ulteriore quota per il successivo trasbordo per l’approdo in Italia.
Dalle indagini, sottolinea la Procura, è stato «delineato un network criminale di natura internazionale» e «sono stati identificati i cinque indagati, 3 bengalesi e 2 sudanesi giunti a Lampedusa lo scorso 26 dicembre insieme alle loro vittime», ritenuti «responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla tratta ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nonché sequestro di persona e tortura».
«I provvedimenti cautelari personali disposti dal Gip di Agrigento – sottolinea la Procura di Palermo in una nota – accolgono un quadro indiziario a carico degli indagati la cui responsabilità penale sarà definita nelle successive fasi processuali in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza» .