La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a 20 anni di carcere dell’esponente dei Radicali Italiani Antonello Nicosia, accusato di associazione mafiosa. Sfruttando i suoi rapporti con la deputata Giusy Occhionero, che gli aveva fatto un contratto da collaboratore parlamentare, entrava e usciva liberamente dalle carceri incontrando boss detenuti e portando all’esterno i loro messaggi. Il processo si celebra con il rito abbreviato. In aula a sostenere l’accusa i pm Gery Ferrara e Francesca Dessì.
La stessa pena è stata chiesta per il boss di Sciacca Accursio Dimino, mentre per due favoreggiatori, Paolo e Luigi Ciaccio, è stata sollecitata la condanna a 2 anni e 4 mesi.
Nicosia venne fermato dalla Dda di Palermo a novembre del 2019. Con lui finì in manette Dimino, capomafia di Sciacca. Pedagogista, esponente dei Radicali Italiani, noto per le sue battaglie in favore dei diritti dei detenuti, Nicosia era un insospettabile. Le indagini lo descrissero invece come “pienamente inserito in Cosa nostra». Parlava come un uomo d’onore, progettava insieme al capomafia, suo frequentatore abituale, danneggiamenti, estorsioni e omicidi. E, utilizzando il ruolo di collaboratore parlamentare di Giusy Occhionero, deputata di Leu, poi passata a Italia Viva, incontrava boss detenuti, dava loro consigli, si accertava che non si pentissero e riferiva all’esterno i loro messaggi.
Occhionero è sotto processo separatamente con l’accusa di falso. Avrebbe fatto passare il Radicale, allora conosciuto solo telefonicamente, per suo assistente, consentendogli di entrare con lei nelle carceri senza autorizzazione. Solo in un secondo momento, dopo tre ispezioni in istituti di pena siciliani, i due avrebbero formalizzato il rapporto di collaborazione.
Grazie al rapporto con la Occhionero Nicosia ha incontrato boss detenuti al 41 bis come Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro.