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LA SENTENZA

Cefpas di Caltanissetta, la Consulta boccia la norma che lo qualifica come ente sanitario della Regione: addio ai fondi

Essendo la Sicilia assoggettata ad un piano di rientro non può finanziare prestazioni diverse da quelle previste per il raggiungimento dei Livelli essenziali di assistenza

Di Redazione |

Batosta per il Cefpas di Caltanissetta, il Centro per la Formazione Permanente e l’Aggiornamento del personale del Servizio sanitario. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 169 depositata in data odierna, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, secondo comma, della legge della Regione Siciliana n. 1 del 2024, accogliendo in questa parte il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri che integrava il Centro nei servizi sanitari della Regione.

La disposizione era intervenuta sull’art. 20, primo comma, della legge della medesima Regione n. 30 del 1993, riconoscendo, a decorrere dal 1° gennaio 2024, natura di ente del servizio sanitario regionale al Centro per la formazione permanente e l’aggiornamento del personale del Servizio sanitario (CEFPAS), con sede in Caltanissetta.

La questione che la Corte è stata chiamata ad esaminare ha avuto riguardo, essenzialmente, alla possibilità di ritenere, o no, la norma impugnata di interpretazione autentica, argomento sostenuto dalla difesa regionale in quanto le spese di funzionamento dell’ente erano già state poste dalla citata legge n. 30 del 1993 a carico del servizio sanitario regionale.

Tuttavia, la Corte ha ritenuto la disposizione essere di carattere innovativo poiché essa non ha attribuito un significato ad una previsione normativa preesistente, bensì l’ha integrata, per di più precisando che «[g]li effetti discendenti dal presente comma decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge». Nel caso di norma di interpretazione autentica, ha sottolineato la decisione, «la norma risultante dalla saldatura con la disposizione interpretata avrebbe comportato la sua vigenza ab origine e non già dalla data di entrata in vigore della disposizione interpretativa».

Di qui, in primo luogo, la Corte ha ritenuto l’art. 25, secondo comma, della legge regionale Siciliana n. 1 del 2024, in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione al principio di coordinamento della finanza pubblica sancito, in tema di contenimento della spesa sanitaria, dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011.

A rischio i Lea

A riguardo, è significativa una duplice puntualizzazione, contenuta nella sentenza: a) l’elencazione degli enti del servizio sanitario di cui all’art. 19 del predetto decreto ha natura tassativa; b) in ogni caso, ciò che caratterizza tali enti è che essi, a differenza del CEFPAS (cui sono demandate in via esclusiva attività di formazione e ricerca), svolgono, in tutto o in parte, anche attività sanitaria strettamente intesa, ossia volta alla tutela della salute della persona umana. L’estensione del perimetro sanitario ad enti diversi, come ha fatto la disposizione impugnata, avrebbe rischiato di intaccare i fondi destinati a garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) (nello stesso senso la Corte si è già pronunciata con la sentenza n. 1 del 2024).

Inoltre, la previsione censurata è stata considerata incompatibile con l’art. 117, terzo comma, Cost. anche in relazione al principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 2, ottantesimo comma, della legge n. 191 del 2009. In forza di un principio costante della giurisprudenza costituzionale, poiché la Regione Siciliana è assoggettata ad un piano di rientro, non può introdurre nell’esercizio della competenza concorrente in materia di tutela della salute, prestazioni afferenti al settore sanitario ulteriori e ampliative rispetto a quelle previste per il raggiungimento dei LEA, al duplice scopo di  «garantire contemporaneamente il processo di risanamento e i LEA, attraverso un rigoroso percorso di selezione dei servizi finanziabili (sentenze n. 51 del 2013 e, quanto alla Regione Siciliana, n. 62 del 2020)».

La medesima decisione n. 169, ha dichiarato invece inammissibili le questioni che erano state promosse dal medesimo ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti dell’art. 8 della legge regionale Siciliana n. 1 del 2024, norma che, al comma primo, stabilisce che gli incrementi di cui all’art. 87 del CCRL del personale del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana, per il triennio normativo ed economico 2016-2018, previsti in sostituzione dell’elemento perequativo di cui all’art. 1, comma 440, lettera b), della legge n. 145 del 2018, in conformità all’art. 1, commi 869 e 959, della legge n. 178 del 2020, sono finanziati a regime nell’ambito del rinnovo contrattuale contemplato per il triennio 2019-2021 del medesimo comparto e, al secondo comma, prevede che, per le relative finalità, le risorse finanziarie per i rinnovi dei contratti collettivi di lavoro per il predetto triennio sono integrate, a decorrere dall’esercizio finanziario, di un importo pari a 4,3 milioni di euro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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