Catania, le piazze di spaccio del “Vampiro”: i verbali dei pentiti e gli ordini dal boss detenuto

Di Laura Distefano / 25 Gennaio 2024

Lo chiamano il Vampiro. E aveva creato al viale Nitta 12 una centrale dello spaccio indoor e outdoor, con il servizio gratuito di una drug room dove far “sballare” i consumatori in totale relax. Santo Livoti – per tutti Melo – assieme al fratello Federico Giosuè e ad Anthony Carmelo Spampinato, sarebbe stato a capo di questa organizzazione criminale che ieri è stata decapitata dai carabinieri della compagnia di Fontanarossa nell’ambito dell’operazione Sottosopra, coordinata dal pm Giuseppe Sturiale e dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo.

Il Vampiro avrebbe ricevuto direttive dal santapaoliano ed ergastolano Lorenzo Saitta ‘u scheletro, ras del gruppo di San Cocimo e cugino della madre di Livoti. Il boss, però, non è stato raggiunto dalla misura cautelare: la gip Daniela Monaco Crea, pur riconoscendo i frequenti contatti telefonici dal carcere di Secondigliano a Napoli, non ha ritenuto sufficienti gli elementi per ritenere che le conversazioni fossero convergenti agli affari dello spaccio a Librino.

I Livoti avrebbero gestito lo smercio di cocaina e crack nell’appartamento dello Iacp al quarto piano della scala A del civico 12 del viale Nitta (poi trasferitosi al settimo piano quando si sono accorti di essere nel mirino degli investigatori) e al primo piano della Scala 0. «Gli alloggi di edilizia popolare, in totale 5, sono stati sequestrati poiché abusivamente occupati e sono stati affidati a un custode giudiziale», ha spiegato il capitano Beatrice Casamassa, comandante della compagnia dei carabinieri di Fontanarossa. Per strada – precisamente all’ombra dei palazzi dei civici A e B – avveniva invece la vendita al minuto della marijuana, con turni dalle 9 alle 16 e dalle 16 alle 23. Le telecamere piazzate dai carabinieri hanno documentato decine e decine di cessioni. Il giro d’affari stimato (per tutte e tre le piazze) è di 15.000 euro al giorno con un pacchetto di 35 clienti. A fare da “filtro” le vedette, a volte anche con la doppia presenza per le “piazze interne” dotate di porte blindate e videosorveglianza («noo, ma ci vuole bello grande, ho sedici posti»). E se le riserve delle dosi di marijuana (indicate con “sigarette” e “Maria”) erano nascoste tra anfratti e buchi, il crack e la cocaina invece erano custoditi in luoghi diversi. Infatti c’era il ruolo del corriere che «veniva contattato telefonicamente», ha detto il tenente Alfonso De Stefano, comandante del Nucleo operativo di Fontanarossa. Antonio Capizzi era uno di quelli che all’occorrenza doveva portare la merce al viale Nitta 12.

«Mi servi», era il richiamo in codice. E poi partivano le richieste sempre in linguaggio criptato: “cibo da cane”, “porzione di riso”, “benzina per il motorino”. Ma al telefono del Vampiro arrivavano anche richieste dirette: «Vorrei acquistare una “fettina per quattro”», oppure «una lampadina da quaranta watt».
L’indagine (che riguarda gli anni 2021 e 2022) è partita da tre strade che si sono incrociate. La prima via è stata quella incardinata dalle dichiarazione di Filippo “Chicco” Scordino. Il pentito, ex soldato dei Nizza, ha raccontato che «la famiglia Livoti aveva organizzato una piazza di spaccio di crack e cocaina in un appartamento dotato di telecamere e porte blindate» e ha aggiunto «che sotto i portici di viale Nitta era operativa la piazza di spaccio di marijuana e skunk gestita da Anthony Spampinato».

A queste dichiarazioni si sono aggiunte quelle del 2022 dell’ex reggente dei Nizza, Salvatore Scavone, il quale ha spiegato che Tony Trentuno, genero di Saitta, gestiva «traffico di stupefacenti coadiuvato dal fedelissimo Melo Livoti». Il capopiazza inoltre è stato uno dei fiancheggiatori di Trentuno durante la sua latitanza. Il giovane rampollo è sfuggito al blitz Quadrilatero e poi è stato arrestato in Calabria mentre cercava di rientrare in Sicilia dall’estero.

Torniamo al blitz. Nel corso delle indagini i carabinieri hanno arrestato in flagranza 23 persone, sequestrato 4 chili di droga e 5.000 euro in contanti, oltre 18 catalizzatori e 2 gruppi ottici. Ricambi d’auto sicuramente servivano per pagare le dosi di sostanza stupefacente. Gli indagati comunque avevano capito di avere gli occhi addosso dei carabinieri. Federico Livoti raccontava di essere sfuggito a una cattura per un pelo: «Muto, muto. Quanto voglio bene a te mi sono salvato per un secondo… gli ho chiuso la porta in faccia. Non l’hai visto?».

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Laura Distefano