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Le carte della gip

Catania, la sparatoria di Librino e gli ultimi due indagati: ecco cosa dicono di loro i “pentiti”

Dietro il conflitto armato tra i Cappello e i Cursoti Milanesi una serie di frizioni dovute a questione di "femmine" e il controllo dello spaccio a San Berillo Nuovo

Di Laura Distefano |

Avrebbero indossato dei guanti in lattice Salvatore Renè Distefano e Alfio Castagna nel corso dello scontro armato dell’8 agosto 2020 al viale Grimaldi 18. Un particolare che emerge nelle 57 pagine dell’ordinanza della gip Marina Rizza che chiude il quarto capitolo dell’inchiesta Centuari, condotta dal pm Alessandro Sorrentino e dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, che ha portato all’arresto dei due componenti del gruppo dei cappelloti che quel pomeriggio d’estate si sono affrontati con i rivali “cursoti milanesi”. La gip, accogliendo le richieste della procura, ha disposto la misura cautelare che è stata notificata in carcere ai due indagati. Distefano, figlio di “Nino Cammisa” morto per cause naturali qualche anno fa, è stato coinvolto l’anno scorso nel blitz “Locu” mentre Alfio Castagna, sta affrontando il processo “Alter Ego”.

A inchiodare i due, accusati di tentato omicidio, sono state soprattutto le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, le cui rivelazioni sono state già anticipate sulle colonne de La Sicilia. Il primo a parlare è stato Carmelo Liistro, che ha ammesso di aver partecipato a quella sparatoria dove finirono ammazzati Luciano D’Alessandro ed Enzo Scalia ‘negativa. Il pentito guidava lo scooter su cui viaggiava Massimo Cappello, fratello del capomafia Turi. Ai magistrati ha raccontato che nella riunione convocata poche ore prima della drammatica sparatoria a casa di Luciano Guzzardi, c’era tra gli altri anche Alfio Castagna mentre Renè Distefano era in una delle moto che arrivarono al viale Grimaldi per risolvere le questioni insorte con Melo Distefano, dei Cursoti milanesi, e i suoi picciotti.

Droga e donne

Tutto cominciò il giorno prima, il 7 agosto 2020, in via Diaz. Gaetano Nobile fu pestato dallo stesso boss Di Stefano davanti al minimarket che all’epoca gestiva. Nobile si sarebbe macchiato di aver offeso il figlio del mafioso (pare dietro ci fossero anche questioni di ragazze) e per questo lo avrebbero punito. Quando il clan Cappello ha saputo dell’aggressione avrebbe cercato di programmare un incontro chiarificatore ma poi tutto saltò. Soprattutto quando Salvuccio Lombardo jr ebbe un’accesa lite con il figlio di Roberto Campisi, una sorta di braccio destro di Distefano. Al centro scommesse di Lombardo furono sparati dei colpi di pistola. Alla base anche vecchie tensioni dovute al controllo dello spaccio a San Berillo nuovo e delle incomprensioni tra Distefano e il cappelloto Nuccio Balbo per una relazione sentimentale avuta con una donna vicina ai Cursoti milanesi che non era stata vista bene dagli eredi di Jimmy Miano.

Il clima si fece teso. Incandescente. Lo raccontarono bene i protagonisti delle due fazioni, che man mano hanno deciso di vuotare il sacco a carabinieri e investigatori. I primi sono i fratelli (già esponenti dei Cursoti milanesi) Carmelo, Michael e Ninni Sanfilippo. Gli ultimi due, dopo la sparatoria, cambiarono “casacca” passando con i Nizza, clan Santapaola, capitanati da Salvatore Sam Privitera. Ed è proprio lui, qualche mese fa, a permettere ai pm della Dda di chiudere il cerchio su Renè Distefano e Castagna.

Privitera, lo scorso ottobre, ha detto di aver ricevuto confidenze sia da Sanfilippo ma anche da Salvuccio Lombardo jr durante la loro detenzione tra il 2022 e maggio 2024. E il figlio di Salvuccio ‘u ciuraru’ si sarebbe fatto scappare che tra i cappelloti presenti alla guerriglia ci sarebbero stati anche loro due.

Per la gip Rizza le voci dei due collaboratori, Liistro e Privitera, si riscontrano «vicendevolmente» e quindi ritiene non via siano dubbi sulla «partecipazione» dei due «al conflitto al fuoco con il clan rivale».

L’anno scorso è finito in manette anche il fratello di Renè, Giovanni Distefano. Che è stato arrestato assieme a Giuseppe Auteri “di Palagonia”. In quel terzo filone finirono le dichiarazioni di Michele Vinciguerra “u cardunaru”. I due stanno affrontando il processo abbreviato dove è stato sentito Privitera, ammesso come prova sopravvenuta. Il pm e le difese dovranno infatti ridiscutere nella prossima udienza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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