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Catania, la faida nel clan Santapaola-Ercolano: luce su due omicidi, sei arresti

Di Redazione |

CATANIA – I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Catania hanno eseguito stamane, su delega della Procura etnea, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Catania su richiesta della Dda nei confronti di sei presunti affiliati al clan Santapaola-Ercolano nell’ambito di indagini su due omicidi di mafia avvenuti a Catania nel 2004. Due dei provvedimenti restrittivi sono stati notificati in carcere.

Con il provvedimento cautelare si fa chiarezza sui due episodi, che sarebbero avvenuti nell’ambito di contrasti per questioni di supremazia e di controllo di alcune attività economiche in seno alla famiglia Santapaola-Ercolano, tra la fazione che faceva capo ad Antonino Santapaola ed Alfio Mirabile e quella che faceva riferimento a Giuseppe Ercolano e Francesco Mangion.

L’operazione è stata denominata “Dakar”. Le persone raggiunte dai provvedimenti restrittivi sono Luigi Ferrini, di 46 anni, Angelo Pappalardo, di 42, Pietro Privitera, di 42, Marco Strano, di 48. L’ordinanza è stata notificata in carcere ad Arnaldo Santoro, di 43 anni, e Maurizio Zuccaro, di 59. Le indagini riguardano gli omicidi di Salvatore Di Pasquale, detto “Giorgio Armanì, avvenuto a Catania il 29 aprile del 2004 e di Michele Costanzo, commesso sempre nel capoluogo etneo il 3 maggio successivo. I delitti sono stati oggetto di precedenti procedimenti penali, in seguito ai quali è stata affermata la responsabilità di Salvatore Guglielmino e Dario Caruana in ordine all’omicidio di Di Pasquale, e di Lorenzo Saitta in relazione all’omicidio di Costanzo. 

Come già emerso nell’indagine “Dionisio”, lo scontro sarebbe nato intorno a questioni di supremazia all’interno della famiglia e al connesso controllo di alcune attività economiche. La faida interna raggiunse il suo culmine proprio nella primavera del 2004 e ma i contrasti affondavano le loro radici già all’anno 2003, determinati da contese in ordine all’accaparramento di estorsioni cui erano sottoposte aziende della zona industriale di Catania e dall’intenzione della famiglia Ercolano di contrastare il ruolo da protagonista che Antonino Santapaola stava assumendo nell’ambito dell’organizzazione. Quest’ultimo, peraltro, aveva elevato suo cognato Alfio Mirabile al rango di reggente della famiglia Santapaola.

Coi provvedimenti che sono stati eseguiti stamane si è fatta ulteriore chiarezza sulle cause dei delitti e si è giunti alla compiuta identificazione di tutti gli autori dell’omicidio di Di Pasquale e di un ulteriore responsabile dell’omicidio di Costanzo. Ciò è stato reso possibile poiché a quelle dei collaboratori di giustizia Paolo Mirabile, Giuseppe Mirabile, Fabrizio Nizza, Giuseppe Scollo e Davide Seminara, ascoltati nei precedenti procedimenti, si sono aggiunte le dichiarazioni di Dario Caruana e Francesco Squillaci.

Salvatore Di Pasquale, che come detto era soprannominato “Giorgio Armani”, fu ucciso per una vendetta. Il 24 aprile del 2004, alcuni killer spararono diversi colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Alfio Mirabile. L’intento era quello di ucciderlo. Invece l’uomo rimase gravemente ferito (morirà nel 2010), con una paralisi agli arti inferiori. Cinque giorni dopo si consumò la vendetta. Era la notte del 29 aprile quando, in via Galermo, nell’omonimo quartiere a nord della città, nei pressi di una rivendita ambulante di panini, Salvatore Di Pasquale, che all’epoca aveva 36 anni, pregiudicato  veniva colpito mortalmente con numerosi colpi d’arma da fuoco al torace, alla schiena e agli arti. 

L’uccisione di Di Pasquale, dunque, avvenuta a distanza di pochi giorni, non era altro che una risposta all’attentato nei confronti di Mirabile. Infatti il Di Pasquale, appartenente alla frangia opposta, dopo il tentato omicidio di Mirabile, aveva apertamente gioito per quanto accaduto. E quindi era stato punito.

Michele Costanzo era, secondo quanto accertato dagli investigatori, il «padroncino» della Mediterranea Distribuzione Logistica (concessionaria della Dhl) e formalmente dipendente della ditta. In pratica era il titolare anche se il titolare formale era un altro e rimase ferito in quella stessa circostanza. Proprio il controllo di quell’azienda che – secondo gli inquirenti sarebbe stata legata attraverso Michele Costanzo agli Ercolano – avrebbe portato all’omicidio. Movente del delitto sarebbe stata la volontà degli Ercolano di sottrarre ai Mirabile la gestione della Mdl. 

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