Catania, il rientro in Cattedrale di Sant’Agata tra tradizione, fede, folklore, popolo

Di Damiano Scala / 06 Febbraio 2016

“Sono lontani i tempi in cui il Fercolo raggiungeva i “Quattro Canti” nel cuore della notte e il canto delle Clarisse salutava l’avvento dell’alba, con un gioco di luci tra il nuovo giorno ed i fuochi dei ceri, che lasciava letteralmente senza parole”.

A parlare è Orazio Cervi, devoto da oltre 40 anni in mezzo alla folla che aspetta la salita di Sangiuliano dalle 7.40 di mattina. Con il busto reliquiario immobile, sono tanti a mugugnare per uno “sforamento” dei tradizionali orari che va avanti da un paio d’anni. Comincia proprio da qui la cronaca di un giro interno destinato sin dall’inizio a protrarsi fino alla tarda mattinata. “Lo si era capito dallo spettacolo pirotecnico a piazza Borgo che è cominciato alle 5.30 di mattina- spiega la trentanovenne Donatella Bonaccorsi-. Quando ero più giovane riuscivo a vedere il rientro della “Vara” abbastanza presto da poter essere alle 9 presente a lezione all’università. In questi ultimi tempi, invece, sono costretta a chiedere un permesso speciale al lavoro perchè tanto so’ perfettamente che, prima delle 8, non riuscirà nemmeno a raggiungere la salita di Sangiuliano”.

ENGLISH VERSION: THE INCORRUPTIBLE TRADITION BY JENNA LILLIE

E in effetti alle 7.30 la Vara si trova ancora in piazza Palestro. Il buio della notte ha lasciato il posto al giorno inoltrato con i tempi che si sono notevolmente allungati. Eppure la gente mantiene intatto la sua passione e il suo amore per lei. Una folla composta, silenziosa e in attesa del segnale che darà il via ad uno dei momenti più suggestivi della tre giorni agatina. Un appuntamento salutato anche da chi, per lavoro, il rientro del Fercolo in Cattedrale è costretto a vederselo in televisione. 

“Si soffre? Eccome. Guardare la tv va bene ma non è la stessa cosa. Vorrei essere lì con i devoti ed ammirare da vicino il suo sorriso- dice Riccardo Scarpato di 54 anni, titolare del bar “Mozart” sul viale Mario Rapisardi- il rientro a quest’ora perde sicuramente gran parte del suo fascino ma non me lo perderei mai per nulla al mondo. Ogni catanese ama Sant’Agata a prescindere da orari e percorsi. Il suo sorriso irradia i suoi figli e ci dà speranza nel futuro”. Intanto l’attesa prosegue: da una parte il busto, dall’altra la salita. In mezzo il fiume bianco che dovrà condurla in via Crociferi dove l’aspettano le benedettine per “accoglierla” con il loro soave canto. 

 

Finalmente alle 9 viene dato il segnale. Tutti applaudono: i mugugni spariscono come per incanto. La Vara intraprende il tratto più delicato del percorso. Una salita che dura pochi minuti. Ai lati della strada molti aspettano che il busto reliquiario gli passi accanto per immortalarlo con gli smartphone. Finalmente alle 10 comincia il canto delle benedettine: splendido, intenso che sa entusiasmare e commuovere allo stesso tempo. La folla che si trova già al Duomo ha lo sguardo fisso nei maxischermi. “Cittadini semu tutti devoti tutti?” La risposta è unisona.

 

Un’ora di attesa e la processione fa il suo ingresso anche in piazza dell’Elefante; cominciano i fuochi d’artificio. Il viso sorridente di Agata rapisce tutti. Sembra quasi che stia guardando con attenzione la Cattedrale che tra poco accoglierà le sue reliquie. La gente piange, si abbraccia, urla il suo amore per lei, applaude: è un turbinio di emozioni che inebria. Alcuni da tre giorni non dormono, distrutti dalla fatica e dal freddo; eppure aspettano il momento in cui varcherà il cancello, avvicinandosi il più possibile al busto nel tentativo di poterlo toccare e farsi il segno della croce. Sventolano i fazzoletti bianchi. Tanti non hanno più nemmeno un filo di voce. Alle 11.15 varca l’ ingresso della Cattedrale: il suo popolo felice la bacia, la saluta un’ultima volta prima di fare ritorno a casa.

 

E’ sicuramente la parte più brutta dei festeggiamenti. Quel tratto di percorso interno che nessun catanese, Sant’Agata compresa, vorrebbe mai vedere. Eppure eccolo lì in tutta la sua crudezza. Scenari lontani dalla devozione e che appartengono più all’inciviltà e alla maleducazione della gente. Da piazza Cavour fino a piazza Stesicoro è un lungo tragitto- pattumiera con via Etnea che nulla ha da invidiare alla peggiore discarica abusiva. Dietro alla folla di devoti, c’è un esercito di operai e mezzi comunali che tenta di bonificare un’area invasa dai rifiuti di ogni tipo. Scendendo da piazza Cavour sembra di trovarsi in mezzo alla nebbia.

 

In realtà si tratta di segatura sollevata dai “soffiatori” che dal marciapiede la spostano in strada dove avviene il grosso della raccolta. Quella “protezione” che ogni anno il comune puntualmente impiega contro l’invasione della cera su via Etnea e nelle strade limitrofe. I negozi non sono ancora aperti ma, ancora prima di alzare la saracinesca, i commercianti si mettono le mani nei cappelli.

 

“E’ devozione questa?- dice Rosario Puglisi, titolare di una cartoleria- per entrare nella mia attività devo spostare una montagna di cocchi di vetro. Uno scenario da terzo mondo che farebbe piangere persino la nostra Patrona che di sofferenze ne ha patite tante”. Intanto il traffico riprende pian piano. Il passaggio delle auto rende più difficile le operazioni di pulizia e, nei pressi dell’incrocio con il viale XX settembre, una decina di operai, armati di ramazza, hanno il loro bel daffare per togliere la segatura.

 

Di fronte all’ingresso della Villa Bellini c’è anche un senza tetto che, a dispetto della folla, riesce a dormire avvolto completamente nel suo sacco a pelo. Sui marciapiedi di via Etnea il basolato lavico è pieno di cera: si fa fatica a mantenere l’equilibrio, sembra quasi di pattinare; meglio camminare ai bordi della corsia. “ E’ una situazione che si commenta da sè- dice Nico Sofia, presidente del comitato cittadino “Terranostra”- un’invasione di bottiglie di birra vuote, sacchetti di carta,lattine, fazzolettini, scatoloni. A questo va aggiunto l’incendio che si è sviluppato all’interno dell’area, riservata al conferimento della cera, in piazza Cavour e che ha comportato l’intervento dei mezzi di soccorso. Un conto salato dove a pagare, come sempre, è l’intera città. I festeggiamenti agatini non si discutono ma un maggiore senso civico e rispetto da parte di tutti- continua Sofia- potrebbe contribuire in modo determinante ad evitare simili situazioni. Disagi alla viabilità e danni al decoro che andranno avanti per giorni”.

Condividi
Pubblicato da:
Redazione
Tag: sant'agata 2016