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Cronaca

«Catania, i miei ricordi ora sbiadiscono ma è la città a non avere più memoria…»

Di Leo Gullotta |

La storia di Catania è, in qualche modo, la storia dell’Italia. Sono ritornato nella mia città, nei giorni scorsi, ospite del Teatro Stabile, per la messinscena di “Pensaci, Giacomino”. E ogni volta è come fare un tuffo nel passato, ai tempi di quando ero bambino e giocavo tra i vicoli del Fortino. Ricordi sempre più sbiaditi, non perché io abbia perduto la memoria, ma perché è la città, la sua gente che l’ha perduta. Vuoi per colpe nostre, vuoi per come stanno andando le cose dal punto di vista della vita sociale ed economica. Oggi va di moda dire che la colpa di tutto è dei giornali e dei giornalisti che non scrivono la verità, che aizzano le folle. Ma la “vera” informazione, oggi, la fanno i social: Facebook, Instagram, Twitter. I politici comunicano attraverso questi mezzi, non parlano più con i giornalisti. Mi indigna l’idea che non ci sia più ufficialità.

Anziché costruire nuove barriere, abbiamo bisogno di stare insieme come si faceva una volta nei teatri greci si stava insieme a fare teatro, si sorrideva, so soffriva, si graffiava, secondo le situazioni del potere, della storia, si guardava la vita reale com’era, si puntava il dito: il re è nudo! Si parlava, si discuteva.

Qual è, oggi, il senso dell’incontro tra cittadini? C’è paura. Le scuole non funzionano, l’università non funziona. Vorrei vedere la mia città stimolata ad andare a petto in avanti. Vorrei più rispetto per le donne. Quote rosa? Io vorrei che si parlasse di donne in gamba. Perché il maschietto ancora deve fare i conti con la meravigliosa crescita della donna, non l’accetta, non la sopporta. Un uomo violento è un uomo violento, non servono né ascia né coltello. Eppure, ci sono donne che fanno ancora le crocerossine. Ma cosa guardano? Come si informano? Mi auguro che non lo facciano attraverso i social. Come i No Vax. L’ignoranza che genera violenza. Siamo un popolo con una matrice greca. Ci sono stati i normanni, gli angioini, i turchi, gli arabi. Semu antichi. E allora dovremmo partecipare molto di più proprio perché sappiamo di più. La verità è che oggi come oggi hanno messo il cittadino nella condizione di non sapere e di non potersi esprimere liberamente.

Ho sentito dire che a qualcuno dà fastidio la Pescheria perché non è un ambiente igienicamente sano. Ma per risolvere il problema c’è bisogno di cancellare un pezzo di Catania? La Pescheria è un ritratto straordinario e meraviglioso di quello che è stato, che è e che dovrebbe essere anche in futuro questa città. Pulitela, semmai. Fate una bella bonifica. L’Acqua o linzolu, dove italiani e stranieri vengono apposta per vedere questo spettacolo di ironia, di paesaggio fantastico, gente di questa terra con i loro pesci, le loro carni, le loro leggerezze e le loro pesantezze deve restare simbolo di questa città.Chi pensa, chi ha progetti, disturba. Devi essere allineato.

Ogni 5 febbraio, gli amici, io compreso, ricordano Pippo Fava. Si mettono i fiori sulla lapide e, dopo due ore, spariscono, li rubano. Ancora oggi Fava disturba in questa città. Manca l’indignazione e questo mi fa rabbia, ancora. Avendo 72 anni, come dice Pirandello in “Pensaci, Giacomino”, cosa mi possono rimanere, sette, otto, dieci anni… E io dovrei offendere la mia dignità stando muto? Ho subìto ricatti, censure, siamo un Paese dove la censura esiste e viene applicata arditamente, persino nel proprio condominio.

Io sono sempre attento a ciò che succede a Catania attraverso quello che mi dicono gli amici. Sono stato fortunato ma sono andato avanti anche grazie allo studio, alla serietà, all’onestà, al rispetto verso gli altri. Ma perché qua non ci sono più queste cose? Eppure io le cerco ancora. Sono stato l’ultimo di sei figli e sono nato dopo la guerra. Tempi semplici, dove si viveva da poveri, avevamo poco di tutto ma un’abbondante dose di dignità, ricchi e poveri. C’era una città sorridente, pronta a ritrovarsi in un paese nuovo. Tutti lavoravano sorridenti, gioiosi  Poi, lentamente, il gusto, lo stile, la cultura, lo studio, sono diventate tutte cose inutili. L’importante è essere tutti uguali.

Oggi dobbiamo fare i conti con personaggi imbarazzanti per l’intelligenza umana. Sapere essere uomini (intendo esseri umani) è una delle cose più difficili, soprattutto in questo Paese, dove l’arte di arrangiarsi è la nota sempre crescente. Catania è in Italia, sta in questa terra che si deve rinnovare, che sa tante cose, ma finché non si finisce di fare trucchetti, lavori sottobanco non si va da nessuna parte.

“Cara Catania, più stai più bedda diventi” diceva Turi Ferro. Io ero ragazzino, già lavoravo con lui, le lezioni che ho ricevuto le ho incamerate per bene perché chi me le ha fatte era una persona per bene, di alto valore artistico. Oggi il riferimento è il selfie.

Per fortuna vedo che c’è un’informazione buona. Mi riferisco ai programmi di La 7, al giornalismo di Mentana. Credo nel valore della carta stampata, di questo giornale, nel ruolo fondamentale di “mediatore” di notizie. Non si può e non si deve mettere il bavaglio all’informazione. Alla Rai, intanto, si sono ammazzati la vita, sono rimasti tre mesi con le cariche sospese perché c’era in corso la nuova presa della Bastiglia. E questo sarebbe il cambiamento?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA