CATANIA – La morte del figlio per mano inconsapevole di un genitore: un dramma che mai dovrebbe accadere e invece oggi è successo un’altra volta a Catania. Un ricercatore 43enne della facoltà di Ingegneria di Catania questa mattina si è recato al lavoro dimenticando il figlio nel seggiolino montato sui sedili posteriori: il bimbo è morto di caldo nel parcheggio della Cittadella universitaria. Il padre avrebbe dovuto lasciarlo all’asilo, ma a quanto pare il piccolo dormiva e l’uomo si sarebbe totalmente tolto dalla testa di dover accompagnare il bebè al nido. Una amnesia di pochi attimi ha così trasformato una giornata di routine in una tragedia per una famiglia catanese.
Il bambino sarebbe stato ritrovato già morto asfissiato intorno alle 14 dopo che la nonna che doveva prenderlo all’asilo aveva lanciato l’allarme non trovandolo con le maestre le quali hanno riferito che questa mattina nessuno aveva accompagnato il bimbo. La nonna materna avrebbe chiamato la figlia e madre del piccolo che ha poi avvertito il marito. A quel punto l’uomo – che secondo indiscrezioni sarebbe sposato con un medico cardiologo che lavoro nel vicinissimo Policinico – si sarebbe reso conto del blackout mentale avuto e sarebbe andato di corsa nel parcheggio ma per suo figlio non c’era più nulla da fare. Lo ha trovato esanime. Avrebbe comunque provato anche un disperata corsa verso il vicino Policlinico, ma senza esito. I medici non hanno potuto far altro che constatare la morte del bambino. Questa mattina a Catania si sono registrati oltre trenta gradi e il bambino sarebbe rimasto più di cinque ore in quell’abitacolo cocente con i finestrini chiusi.
L’esatta ricostruzione dei fatti comunque è ancora al vaglio degli uomini della squadra mobile di Catania, che conducono le indagini e sono stati i primi a soccorrere l’uomo. Sul corpicino del figlio potrebbe essere disposta l’autopsia, dopo che è stata aperta una inchiesta dalla Procura di Catania, ma la dinamica di quanto accaduto appare già abbastanza chiara a tutti.
Una tragedia che ricalca quella avvenuta sempre a Catania nel luglio del 1998, quando un ingegnere di 37 anni impiegato alla Sgs Thompson, una fabbrica di microelettronica che aveva lo stabilimento nella zona industriale di Catania, parte da casa verso le 8 di mattina con il figlio più piccolo (ha altri due gemelli di quattro anni) legato sul seggiolino per bambini nel sedile posteriore. Lo deve lasciare all’asilo per poi andare al lavoro. Andrea, due anni, si addormenta e il padre si dimentica di lui, invece di lasciarlo a scuola tira dritto e parcheggia l’auto davanti allo stabilimento dell’azienda in cui lavora. La moglie, avvocato, verso le 14 chiama il marito che, solo a quel punto, si rende conto di ciò che ha fatto. Corre all’auto, che nel frattempo è diventata la tomba rovente di Andrea, morto ustionato e asfissiato.