L’unica riforma riguarda la determinazione della pena complessiva a carico di Carmelo Salemi, “melo u ciuraru” a 8 anni e 8 mesi. È stata emessa ieri sera la sentenza della Corte d’Appello che chiude il processo di secondo grado figlio dell’inchiesta Picaneddu. Salemi è ritenuto infatti il capo del gruppo dei Santapaola-Ercolano di Picanello. I carabinieri, partendo dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio ‘gennarino’ D’Arrigo, hanno ricostruito l’organigramma di una delle cellule storiche di Cosa nostra catanese.
Il blitz, che è scattato nel 2021, non ha colpito solo i boss del braccio militare ma anche coloro che avrebbero investito i soldi sporchi in attività imprenditoriali. È il caso di Giovanni Comis, accusato di intestazione fittizia aggravata dal metodo mafioso. Lo storico esponente della famiglia di Cosa nostra sarebbe stato il socio occulto di una casa discografica – la Q Records poi raggiunta anche da misura di prevenzione – specializzata nel settore “neomelodico”. Custode dei soldi di Comis, Andrea Consoli, imputato nel troncone ordinario. Gli investigatori misero le cimici nella Maserati presa in affitto e scoprirono i segreti mafiosi di Picanello.
La Corte d’Appello ha confermato le condanne inflitte dal gup per tutti gli imputati: Andrea Caruso 6 anni e 8 mesi, Giovanni Comis 3 anni e 4 mesi, Enzo Dato 8 anni e 4 mesi, Giovanni Frazzetta 6 anni e 8 mesi, Marco Frazzetta 4 anni e 8 mesi, Giuseppe Russo 9 anni, Enzo Scalia 7 anni e Rudy Veneziano 1 anno. Assoluzione per Francesco Testa. I giudici di secondo grado, quindi, non hanno accolto i ricorsi delle difese e della procura.
Nel dispositivo letto questa sera ci sono anche le date di scarcerazione di alcuni boss. L’8 marzo 2027 – salvo altre batoste giudiziarie – dovrebbero tornare liberi Russo, Scalia e Caruso. Tre giorni dopo Enzo Dato, lo specialista delle latitanze.