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Catania, c’è un nuovo “pentito” che fa tremare il boss del clan Santapaola-Ercolano

Il collaboratore fu anche vittima di usura di Ciccio Russo: «Mi prestò 20mila euro e ne voleva 50»

Di Laura Distefano |

Su decine di pagine, solo poche righe sono visibili. C’è un nuovo collaboratore di giustizia che da qualche mese sta rilasciando dichiarazioni ai pm su alcuni personaggi di rilievo dei Santapaola-Ercolano. Un uomo che ha avuto a che fare con la droga, ma che è entrato nelle mire violente addirittura di Francesco Russo, l’ultimo reggente di Cosa nostra – così è indicato dalla procura e confermato da gip e Riesame – per un prestito usuraio non onorato.

Gli interessi

Il neo pentito pare conoscere molto bene il boss arrestato nel blitz Ombra dalla squadra mobile lo scorso luglio. E riferisce anche di quali affari imprenditoriali si occupasse Russo. «So che dopo la sua scarcerazione ha aperto un campo di padel in zona Ognina, so anche che si occupa di vendere cialde per caffè e ha un’impresa di costruzioni. Ora so che della vendita delle cialde se ne occupa pure il figlio Diego assieme a un altro ragazzo».

Nell’inchiesta della Dda, Russo è indagato per mafia (con il ruolo di capo-promotore). Dalle intercettazioni emergono le direttive per alcune estorsioni, ma dalle rivelazioni del collaboratore pare facesse all’occorrenza anche prestiti con tassi usurai davvero esorbitanti. «Nel dicembre 2021 gli chiesi in prestito 20.000 euro – si legge nei verbali del pentito – dicendogli che però non mi servivano subito. A febbraio 2022 ci accordammo che mi avrebbe prestato 20.000 euro e io avrei dovuto restituire la somma di 50.000 in sei mesi. Esattamente il denaro mi venne consegnato nel mese di aprile 2022 e quindi a ottobre gli dovevo restituire 50.000».

Il pentito però non aveva liquidità. E lì sono cominciati i problemi. «I primi di ottobre Russo mi iniziò a sollecitare il pagamento e io gli dissi che avevo dei problemi a lavor,o motivo per cui gli chiesi 20 giorni di tempo. Lo incontrai qualche giorno dopo alla Q8 di Gravina e gli dissi che non potevo pagarlo. A quel punto Russo mi mise le mani addosso e mi strappò le chiavi della macchina che poi però sono riuscito a recuperare. Lui a quel punto mi disse che il giorno dopo sarebbe venuto a casa mia, testualmente mi disse “vegnu a to casa, scannu a to matri e a tia”».

L’incubo

La promessa fu mantenuta. E cominciò un incubo in cui furono coinvolti anche alcuni parenti del collaboratore. Uno zio decise di fare da paciere e fu organizzato un incontro. Russo si presentò con Salvatore (che il pentito ha riconosciuto in foto in Salvatore Mirabella ‘u paloccu). Quest’ultimo propose «di pagare almeno 4.000 euro entro dicembre». Proposta che fu accettata. Nel corso dell’appuntamento Russo avrebbe avvertito lo zio del pentito: «Tu lo sai di quale famiglia facciamo parte. Questi soldi li abbiamo presi dal cassetto della famiglia e li dobbiamo riposare».

Il debitore non riuscì a pagare nemmeno questa volta. «Sono caduto in depressione», racconta. Addirittura il collaboratore finì prima in clinica e poi in comunità. In quel periodo Russo e Mirabella avrebbero minacciato diversi parenti chiedendo conto e ragione dei soldi da recuperare. Il pentito lo scorso anno cercò di trovare un accordo: «Gli proposi un pagamento di 1.000 euro al mese a partire da settembre 2023. Ma non riuscii a pagare». Russo, allora, si sarebbe presentato dal cognato del collaboratore dicendogli: «Appena u pigghiamu u sscippiamu». Il pentito, inoltre, racconta che più volte è stato avvisato dai parenti: «Quella è gente dei Santapaola e non scherza».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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