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Caso Rugolo, le 3 lettere (senza risposta) di Antonio a Papa Francesco: «Dia voce a chi come me ha subìto abusi nella Chiesa»

Da anni la vittima del prete recentemente condannato chiede udienza al Pontefice nella speranza che possa attivarsi anche la giustizia ecclesiale

Di Tiziana Tavella |

Ha bussato tre volte alla “porta” di Papa Francesco, in tre momenti chiave della sua storia da “sopravvissuto” agli abusi sessuali nella parrocchia che frequentava quando aveva appena 16 anni. Tre lettere diverse, una nel 2020 e due quest’anno per chiedere aiuto, ascolto, conforto, interventi diretti al Papa, denunciando le coperture all’interno della Diocesi di Piazza Armerina. Per Antonio Messina – il giovane ennese che ha denunciato don Giuseppe Rugolo per gli abusi sessuali subiti da quando aveva appena 15 anni, condannato lo scorso 5 marzo dal Tribunale di Enna a quattro anni e sei mesi di reclusione – il tempo dell’evangelico “chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” sembra però non compiersi mai. Adesso alla vicenda giudiziaria principale si è aggiunta una nuova inchiesta della procura di Enna, che ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini per falsa testimonianza al vescovo della Diocesi di Piazza Armerina Rosario Gisana e al vicario giudiziale Vincenzo Murgano. Per l’accusa, avrebbero coperto Rugolo.

Messina scrive al Papa per la prima volta, nell’ottobre 2020, poco prima di rivolgersi alla Procura. La porta resta chiusa. La speranza riposta era quella di un intervento risolutivo, la richiesta di giustizia passa così alla magistratura ordinaria. Quattro anni dopo, passati 20 giorni dalla pronuncia della sentenza di condanna per Rugolo, è il momento per Antonio di bussare di nuovo alla porta del Pontefice. Batte più forte che può, inviando un esposto indirizzato al Papa e tra i destinatari include il Dicastero per il clero, il Dicastero per i Vescovi e quello per la dottrina della fede. Richiama quella prima lettera senza risposta nella quale affidava al Papa la propria storia chiedendo udienza «per dare voce alle mie sofferenze, a quelle della mia famiglia, a quelle dei giovani che come me vivono una vita stravolta dagli abusi sessuali» e torna sulla «continua ricerca di giustizia in ambito ecclesiale, puntualmente disattesa» sottolineando un sistema di coperture interno alla chiesa.

Lo sconforto

E racconta anche dello sconforto vissuto al diffondersi della notizia delle parole di Papa Francesco a sostegno del vescovo Gisana a Gela nel novembre 2023 dicendo «mi consola solo il pensiero che Lei non abbia avuto contezza dell’ombra nera che avvolge la Diocesi di Piazza Armerina in cui i procedimenti penali a carico di prelati e di soggetti operanti nel contesto ecclesiale, per reati a sfondo sessuale, hanno raggiunto una dimensione allarmante, senza che il vescovo abbia adottato provvedimenti di cautela pur essendo consapevole dei gravi atti commessi ai danni di minori».

Antonio nel bussare per la seconda volta cerca di dare una risposta al silenzio che lo avvolge da quattro anni, pensando anche all’attesa del Papa della conclusione del primo grado di giudizio, ma passati 20 giorni dalla sentenza, la risposta manca ancora e prova a sollecitarla. La porta resta ancora chiusa nonostante abbia anche allegato atti all’esposto. Antonio non si arrende mentre i mesi scorrono veloci e trova il modo per bussare ancora più da vicino alla porta del Papa, per la terza volta, mentre Papa Francesco è in viaggio verso Bruxelles. La richiesta è quella di essere ascoltato, di vedere accanto alla giustizia ordinaria muoversi quella ecclesiastica, di potere aiutare davvero gli altri “sopravvissuti” agli abusi clericali a non avere paura e a denunciare sapendo di trovare risposte.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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