In attesa di un eventuale – ma tutt’altro che improbabile – interessamento della magistratura, il “caso Cannes” presenta, già nelle poche carte emerse, alcuni profili amministrativi molto più che borderline sull’affidamento del progetto “Sicily, Women and Cinema” da parte dell’assessorato regionale al Turismo alla società lussemburghese Absolute Blue con 3 milioni e 750mila euro per uno shooting fotografico e alcuni eventi al Festival del Cinema sulla Croisette.
Il governatore Renato Schifani aspetta ancora i «chiarimenti» chiesti (e fino a ieri sera non ricevuti) a Francesco Paolo Scarpinato. La convocazione dell’assessore in V commissione all’Ars, intanto, è sollecitata dalla deputata regionale Valentina Chinnici del Pd che chiede chiarezza al governo sulle «motivazioni che giustificano lo stanziamento spropositato».
Ma nel frattempo la lente d’ingrandimento di Palazzo d’Orléans – e non solo – s’è già concentrato sugli atti del procedimento già noti. A partire dal decreto del direttore generale del dipartimento Turismo, il n. 3765/S9 del 20 dicembre scorso, con il quale si approva (e si finanzia) il progetto a Cannes. Tecnicamente si tratta di una «procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando». Un iter senza bando, motivato in ragione «dell’esclusività ed infungibilità della prestazione». Il che, visto che si tratta di un format (“Women and Cinema”) ideato e registrato dalla stessa società in autonomia e non legato direttamente all’organizzazione del Festival di Cannes, potrebbe essere già un elemento di perplessità.
Così come lo è l’assenza di una certificazione antimafia, richiesta e non ottenuta, sull’azienda. Per questo il Turismo inserisce nel contratto una condizione risolutiva espressa: se il requisito dovesse non esserci, la Regione potrà rescindere unilateralmente il contratto.
Eppure, dai primi riscontri sul tavolo di Schifani, c’è un altro elemento ben più pregnante. Sarà pure un affidamento diretto a una società extra-Ue, ma anche in questo caso bisogna rispettare il Codice degli Appalti vigente in Italia, che permette di derogare all’obbligo, per l’aggiudicataria, di prestare garanzia versando come cauzione definitiva il 10% dell’importo dell’appalto, soltanto in caso di un ulteriore ribasso rispetto all’importo di aggiudicazione o di comprovata solidità economico-finanziaria dell’impresa. Nessuna delle due condizioni, secondo gli esperti della Presidenza, sussisterebbe in questo caso: la prima perché nella procedura negoziata non può esserci traccia di un ribasso; la seconda, ovviamente, è legata ai dati su una società «in forma anonima» con sede in Lussemburgo, collegata a tante altre scatole cinesi.
Una circostanza che, in attesa delle carte dettagliate chieste a Scarpinato, per Palazzo d’Orléans potrebbe essere già sufficiente a ipotizzare, ancor prima che un “vulnus” sull’efficacia dell’atto, una «ipotesi di preventivo danno erariale». Uno scenario oggetto di approfondimenti, che aumenta la tensione in corso fra Schifani e l’assessore meloniano al Turismo.