Cronaca
Caso Arata, c’è un mister X alla Regione «Ho due “cappelli”, a Roma come a Palermo»
Palermo – Ci teneva tanto Paolo Arata, agli arresti da un paio di mesi, a far inserire nel “contratto di Governo” tra Lega e Movimento 5 Stelle una nota favorevole per gli impianti di biometano. E in effetti, il 18 maggio 2018, capitolo 4, pagina 11, nel contratto di governo tra i due partiti è stato inserito, come voleva Arata, il capitolo titolato “Ambiente, green economy e rifiuti zero”, che promuoveva proprio gli impianti di biometano particolarmente seguiti da Arata, appunto, e Vito Nicastri un passato nebuloso all’ombra di Cosa nostra un futuro meno opaco come collaboratore di giustizia.
Dalle carte che oggi sono state sul tavolo del Gip di Roma che ha proceduto all’incidente probatorio con Vito e Manlio Nicastri per cristallizzare le prove, a futura memoria, a carico dell’ex sottosegretario Armando Siri accusato di corruzione, emergono particolari che meritano più di una verifica laddove proprio Paolo Arata, intercettato mentre parla con il figlio affermava – scrive la Dia – «che avrebbe dovuto chiamare Armando Siri per sapere se fosse riuscito a fare quell’intervento sul “contratto di Governo”. Voglio vedere se è riuscito ad inserire il biometano perché gli avevo detto di mettere il biometano ad Armando (Armando Siri)… ma era già chiuso quello dei rifiuti… speriamo che ce l’ha messo…..non mi ha detto più niente». In ultimo, scrive sempre la Dia di Trapani guidata dal ten. col. della Gdf Rocco Lopane – rappresentava al figlio che le prospettive economiche relative ai loro investimenti siciliani nel settore delle rinnovabili erano buone, atteso che lui Arata aveva due imponenti “sponsor” politici che lo avrebbero agevolato, uno alla Regione e l’altro al Governo: «…vedrai che la rivediamo anche la questione del Biometano…… omissis… quindi io c’ho due cappelli… Regione e Lil…con Armando (Armando Siri) che mi segue in toto… nel senso che.. ».
Ecco i “cappelli” di Arata: uno individuato (Siri) l’altro ancora no. Chi è il politico della Regione siciliana che Arata può utilizzare come un cappello da mettere su una sedia per conservare il posto? Il mistero è ancora fitto ma non durerà ancora per molto. L’inchiesta che sta facendo tremare mezzo governo ha avuto inizio con procedure insolite. A far scattare la molla dell’investigazione al personale della Dia di Trapani è stato un collaboratore di giustizia, Nicolò Nicolosi di Vita, in provincia di Trapani, che nel dicembre 2016 segnalava agli investigatori il reimpiego di denaro mafioso in attività lecite. Così sono scattati gli accertamenti e il primo nome di interesse venuto fuori fu quello di Vito Nicastri. Quest’ultimo si rese protagonista di un maldestro tentativo, scrive la Dia, di sviamento di possibili indagini nei suoi confronti. Infatti, l’imprenditore, previo appuntamento telefonico, si era presentato negli uffici della Dia per un colloquio informale con il ten. col. Lopane durante il quale manifestò le proprie «preoccupazioni per i possibili effetti negativi che un articolo stampa dal titolo “Un impianto che fa discutere”, comparso sul giornale on line “Alqamah” del 21.10.2017, a firma del giornalista Rino Giacalone, avrebbe potuto avere sull’opinione pubblica locale, gettando ombre inquietanti sulla liceità di un ambizioso progetto imprenditoriale relativo alla realizzazione in territorio di Calatafimi-Segesta di un impianto per lo smaltimento di rifiuti organici con contestuale produzione di bio-gas. Ciò in quanto in coda all’articolo si affermava che “dietro le quinte” del progetto ci sarebbero stati alcuni imprenditori finiti sotto inchiesta per collusioni con la mafia». Fu l’inizio della fine: proprio Nicastri accelerò le indagini che lo portarono in carcere.
Stesso atteggiamento ebbe anche Pietro Arata immediatamente dopo l’arresto di Nicastri: «nell’ingenuo tentativo di fugare possibili sospetti sui suoi rapporti con l’ex sorvegliato speciale alcamese, incontrò il ten. col. Lopane spiegando di voler chiarire la propria posizione rispetto a Nicastri, alla luce delle vicende giudiziarie per fatti di mafia, che avevano riguardato quest’ultimo di recente». Paolo Arata precisava di non avere con Vito Nicastri cointeressenze economiche, bensì di aver avuto un mero rapporto di collaborazione professionale. Non era vero.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA