Caro-voli, sulle tariffe low cost per i siciliani c’è già un dossier alla Regione

Di Mario Barresi / 04 Gennaio 2019

Catania – Quando Nello Musumeci, appena insediatosi a Palazzo d’Orléans, parlò di una «compagnia low cost siciliana», qualcuno, fra i suoi nemici a priori, commentò con ilarità: «È una crocettata». Riferendosi alla proposta, lanciata ma mai seriamente, dal suo predecessore che voleva «mettere le ali all’Ast». Un anno dopo, quel sogno confessato dal governatore in un’intervista a La Sicilia assume sembianze molto meno oniriche.

C’è un progetto. Chi, a Palermo, ha avuto modo di sbirciarlo, parla di «un’idea talmente comunista che soltanto un ex missino potrà realizzarla davvero». E c’è anche un nome: “Aerolinee Siciliane”, lo stesso del tentativo, poi non riuscito, di resuscitare Wind Jet dopo il crac. Ma questa, più di sei anni dopo, è un’altra storia. Con la suggestione di tratte sociali che trasportino passeggeri ed emozioni, un valore immateriale che va oltre ogni vincolo di mercato. Ma c’è anche una bozza di un piano di sostenibilità finanziaria, assieme a una precisa strategia che vedrebbe la Regione come player del progetto di un vettore di bandiera. Con soci privati pronti a investire nel ricchissimo mercato interno siciliano, che da solo oggi foraggia i bilanci di compagnie nazionali e low cost.

Il dossier è sul tavolo di Musumeci da qualche tempo. Dopo un percorso tortuoso, che rischiava di farlo finire da tutt’altra parte alimentando appetiti affaristico-politici. Ma tant’è. Adesso il governatore sta valutando se fare proprio il progetto, magari con qualche integrazione. Lo schema di partenza è chiaro: una compagnia aerea siciliana con la mission sociale di rompere l’oligopolio sulle remunerative tratte (soprattutto Catania e Palermo), con tariffe speciali per tutti i passeggeri siciliani e specialissime per studenti, over 65, pazienti che necessitano di cure, famiglie in stato di povertà.

Ma è un’idea che può reggersi sulle proprie gambe? La prospettiva di partenza è una società mista pubblico-privato. All’inizio sarebbe la Regione, socio di maggioranza relativa, a garantire i capitali per avviare l’impresa. E lo strumento esiste già: Ast Aeroservizi, società partecipata dell’Azienda siciliana trasporti, che gestisce già lo scalo di Lampedusa. Non è un caso che, lo scorso novembre, l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, in un’audizione in commissione Trasporti all’Ars, abbia ammesso l’ipotesi di scorporare la società aeroportuale dalla “casa madre” Ast. Un passaggio che potrebbe già materializzarsi nel collegato alla finanziaria regionale in discussione fra poco. Una strategia – non indispensabile, ma di certo utile – per “blindare” Ast Aeroservizi anche da future scelte di liquidazione di Ast, ma soprattutto per mettere la partecipata aeroportuale sotto il diretto controllo della Presidenza.

Ma questo è solo il mezzo. Il fine, in piena sintonia con la filosofia aziendale di “Aerolinee Siciliane”, sarà infatti quello di tenere distante il socio pubblico da qualsiasi interferenza sulla gestione operativa. Il management, nell’impostazione originaria del progetto, sarebbe fuori dalle dinamiche del “nominificio” e oltre tutto pagato con stock option sulla società. Un meccanismo che permetterebbe inoltre di impedire ai partner privati di “socializzare” le perdite chiedendo soldi a Mamma Regione. Anche perché il piano finanziario prevederebbe, in prospettiva di medio termine, l’ingresso di un azionariato popolare diffuso. Insomma: i siciliani soci, anche con piccoli investimenti, della compagnia di bandiera siciliana. Con un’ipotesi ancor più suggestiva, forse perché utopica: la redistribuzione degli utili agli azionisti, ma – in seconda battuta – anche ai cittadini non soci, attraverso l’ulteriore abbattimento delle tariffe col solo vincolo della sostenibilità di mercato. La Regione, pur scendendo sotto la maggioranza azionaria, manterrebbe una golden share con funzione di controllo e garanzia delle finalità “solidali” dell’azienda. Il tutto, magari, con l’apporto di un’imprenditoria (possibilmente siciliana) che guardi sì al profitto, ma anche alla responsabilità sociale di chi vuole far uscire l’Isola dall’isolitudine. E con la garanzia di un modello di efficienza ed efficacia manageriali.

Se fosse davvero questa la strada che il governo regionale vuole intraprendere c’è già anche un embrione di piano operativo e finanziario da sviluppare per la public company. Basi principali a Palermo e Catania, altre a Trapani e Comiso, che diventerebbe anche la sede di un mega-hangar di ricovero e manutenzione dei velivoli. L’investimento iniziale è stimato in meno di 30 milioni, per un fatturato complessivo – a regime – di circa 170 milioni per oltre una sessantina di voli al giorno e un totale di 4 milioni di passeggeri l’anno. Con un impatto occupazionale di 600 posti di lavoro diretti e 800 nell’indotto a breve scadenza; molti di più se le cose, in prospettiva, dovessero andare bene.

Volere volare. Un sogno? Forse. Ma ci sono modelli già sperimentati – nella vicina Malta per il boom di tratte, ma anche in Corsica sulla sostenibilità finanziaria di una compagnia regionale – che rafforzano l’idea. Se vola la Sicilia, la Sicilia vola. Sarà davvero così?

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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