CALTAGIRONE. Non solo accoglienza dei migranti. Ma anche manutenzione di strade e verde pubblico, pulizia del municipio, persino scerbatura del cimitero. Tutto doveva andare alle coop pigliatutto. Anche pagando il prezzo dell’assunzione del figlio di un impiegato comunale alla “Fiat del Calatino”, senza nemmeno curarsi dei conflitti d’interesse fra assessori e consiglieri che rivestivano cariche nelle coop aggiudicatarie di affidamenti diretti. È l’ennesima spallata della magistratura sul sistema Cara di Mineo.
Stavolta, però, il centro che ospita i richiedenti asilo non è il luogo del delitto. Ma lo scenario – sempre e comunque – di un intreccio di affari, parentele e pressioni. Che condizionavano gli appalti del Comune. Tutti rigorosamente «affidamenti diretti di lavori a cooperative sociali». La Procura di Caltagirone ha iscritto nel registro degli indagati nove persone, a vario titolo accusate di tentata concussione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e tentato abuso d’ufficio: il sindaco di Mineo, Anna Aloisi, gli ex assessori Giuseppe Biazzo, Maurizio Gulizia e Massimo Pulici, i dirigenti comunali Domenico Caccamo e Tommasa Saitta e gli impiegati Vincenzo Camuti e Giuseppe La Rosa per vari episodi avvenuti fra il 2013 e il 2015. Tutto ruota agli appalti assegnati alle cooperative della “famiglia” di Sol. Calatino, già fra le aggiudicarie della madre di tutte le gare: quella da 97 milioni finita nelle carte di Mafia Capitale e ritenuta «illegittima» dall’Anticorruzione di Raffaele Cantone.
Il trait d’union fra le inchieste dei pm di Roma e di Catania e quest’ultima (di una lunga serie) di Caltagirone è Paolo Ragusa, ex presidente di Sol. Calatino e ras della cooperazione locale. Con le mani nelle società coinvolte in un’indagine che è un vero terremoto per il comune menenino. È Ragusa, per stessa ammissione di Luca Odevaine (arrestato a Roma) a essere «il vero sindaco di Mineo». E non è un caso che, stavolta, la responsabilità del sindaco Aloisi (Ncd) sembra piuttosto sfumata. Perché in prima linea ci sono Biazzo, Pulici e Gulizia nella duplice veste di amministratori e di interessati, in maniera diretta o indiretta, agli appalti delle coop. Facciamo parlare le carte. L’unica finora ufficiale, perché notificata alle parti, è l’“invito per l’interrogatorio alla persona indagata”, firmato dal procuratore capo Giuseppe Verzera e dalla sostituta Anna Andreatta. Nell’atto la «sommaria enunciazione del fatto» riassume le condotte per le quali si ipotizzano i vari reati.
Per il sindaco Aloisi, l’ex assessore Pulici e il dipendente La Rosa (componente del gabinetto del primo cittadino) si ipotizza il concorso in tentata concussione. Perché, nel febbraio del 2014, «compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere» Marcello Zampino (capo dell’Ufficio tecnico), «a predisporre la documentazione idonea ad attuare le procedure necessarie a porre in essere affidamenti illegittimi di lavori a cooperative sociali facenti capo a Ragusa» e quindi «a procurare un’utilità al predetto e alle cooperative allo stesso riconducibili».
Di Ragusa, in un inciso, i pm ricordano il ruolo di «coordinatore della lista “Uniti per Mineo”, sostenitrice del sindaco Aloisi» nella campagna elettorale del 2013. Ma la concussione non si sarebbe consumata, «per la ferma opposizione di Zampino, che veniva repentinamente rimosso dal proprio incarico». Nessun commento ufficiale, ma dall’entourage del sindaco Aloisi trapela la «certezza di poter dimostrare che la rimozione non c’entra nulla con questo episodio, ma è legata ad altre vicende che saranno documentate».
Ma il sindaco, assieme a Caccamo (comandante della polizia municipale) dovrà rispondere di un’ipotesi di reato legata alla precedente: corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio. Il dirigente, infatti, veniva nominato responsabile dell’Ufficio tecnico al posto di Zampino («nomina che comportava il conseguimento della relativa indennità di posizione», annotano i pm) per «compiere atti contrari ai doveri del proprio ufficio». E cioè: predisporre gli atti e attivare le procedure per gli «affidamenti diretti illegittimi»alle coop della “galassia Ragusa”. Sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Caltagirone alcune gare. Una, in particolare: quella assegnata, con determina 380/2014 di Caccamo, alla cooperativa Ccrea (di cui Ragusa era presidente, Biazzo vicepresidente e Gulizia responsabile tecnico) per 43.608,80 euro per la “Manutenzione del verde pubblico e delle strade comunali esterne” dal luglio 2014 al dicembre 2015.
E poi l’affidamento dei “Lavori di rinzeppatura bologninato in alcune strade comunali interne” (determina 288/2014, per 15.446,44 euro) alla coop San Francesco, amministrata da Rocco Ferraro, estraneo all’indagine, che sostuì Ragusa alla guida di Sol. Calatino dopo la bufera giudiziaria sul Cara. Infine, fra gli altri, tre mini-affidamenti: la pulizia straordinaria di fine cantiere nel Palazzo comunale di Piazza Buglio (5.795,95 euro), la scerbatura del cimitero (1.100,93 euro) e delle strade comunali Bausano e Poggiarelli-Reversino (1.342 euro), tutti assegnate alla Nuova Alba. Della quale Pulici risultava consigliere e dipendente, con Ragusa col ruolo di “responsabile tecnico”. In questa giungla di ruoli sovrapposti maturano gli altri episodi contestati dalla Procura. Il primo, risalente all’ottobre 2013, riguarda Camuti (caposervizio delle Manutenzioni e Rup di diversi affidamenti) e l’onnipresente Ragusa: corruzione in atti d’ufficio.
L’impiegato «accettava la promessa di Paolo Ragusa di garantire a suo figlio Camuti Angelo (oggi 22enne, ndr) un posto di lavoro quale dipendente part time presso la Coop “Consorzio Cara Mineo” di cui Ragusa era presidente. In cambio, per l’accusa, ha messo a posto le carte per «affidamenti diretti illegittimi» di lavori alle solite società. Il secondo episodio coinvolge Gulizia: abuso d’ufficio. L’ex assessore, «pure essendo titolare di interesse proprio, in quanto responsabile tecnico della cooperativa Ccrea», non si sarebbe astenuto dalla discussione della proposta di affidamento dei lavori di manutenzione del verde pubblico e manutenzione stradale. Sottoscrivendo la delibera n. 70 del 14 maggio 2014, con la quale veniva «approvata la proposta n. 100 di affidare i predetti lavori alle cooperative sociali iscritte all’albo, con ciò procurando un vantaggio patrimoniale alla Ccrea, poi risultata aggiudicataria dei lavori». Che abbiamo già descritto nel dettaglio. Il terzo caso riguarda Biazzo. Che, il 15 giugno 2015, prima ancora di diventare assessore, era consigliere comunale e capogruppo di “Uniti per Mineo”.
In veste di consigliere, i pm gli contestano l’ipotesi di tentato abuso d’ufficio. In aula si discuteva della modifica del regolamento dei contratti del Comune, «nella parte che prevedeva che almeno il 30% degli affidamenti diretti per manutenzione andasse alle cooperative sociali di tipo B (…) attraverso una procedura di trattativa privata a rotazione con ciascuna di esse per un limite massimo di euro 200.000 all’anno». In pratica: tutte quelle della Ragusa’s family. Biazzo, per l’accusa, avrebbe «omesso di astenersi in presenza di un interesse proprio, essendo presidente e consigliere della cooperativa Ccrea e consigliere della cooperativa Sol. Calatino». Partecipava alla discussione, dichiarandosi contrario alla modifica del regolamento “a misura di coop” e «così facendo compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a procurare alla Ccrea e alle altre cooperative di fatto gestite da Paolo Ragusa un ingiusto vantaggio patrimoniale».
E ora la resa dei conti con i magistrati. Aloisi (difesa da Ilaria Chiarandà), Caccamo, (avvocato Massimo Scerba), Camuti (Pietro Cusumano) e La Rosa (Giacoma Taccia) saranno interrogati venerdì; Biazzo (legale Gaetano Tomagra), Gulizia (difesa curata da Rosario Monforte), Pulici (Stefano Ascanio) e Ragusa (Adelina Cappello) saranno faccia a faccia col pm calatino il giorno dopo, sabato 5 marzo.
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