Più che uno scoop giornalistico che svelerebbe clamorose novità e la presenza dell’eversione nera dietro le quinte della strage di Capaci, l’inchiesta di Report, in onda ieri sera su Rai3, per i magistrati di Caltanissetta sarebbe un castello di teorie senza riscontri. Arriva in mattinata la nota degli inquirenti che smascherarono il depistaggio dell’inchiesta sull'attentato di Via D’Amelio, costato la vita, 57 giorni dopo l’uccisione di Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino e agli agenti di scorta. Ed è clamorosa, soprattutto se si considera che i pm nisseni, a differenza dei colleghi di altre Procure, in genere preferiscono evitare commenti e dichiarazioni.
Ma le poche righe diffuse alle agenzie non lasciano spazio a dubbi. «Sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese da Alberto Lo Cicero, prima come confidente e poi come collaboratore di giustizia, che avrebbero permesso di evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina». E’ falso dunque che l’attentato, sulla scorta delle rivelazioni fornite dal pentito Lo Cicero rese note da Report si sarebbe potuto evitare. Una smentita secca che segue la perquisizione disposta dal personale dalla Dia di Caltanissetta, su mandato della Procura, nell’abitazione dell’inviato di Report, Paolo Mondani, e nella redazione di Report. La notizia è stata resa nota su Facebook dal conduttore della trasmissione Sigfrido Ranucci. «Il motivo – scrive il giornalista di Raitre su Fb – sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta di ieri sera sulla strage di Capaci nella quale si evidenziava la presenza di Stefano delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato di Capaci. Gli investigatori cercano atti e testimonianze anche su telefonini e pc».
Replicano i pm: «Alberto Lo Cicero sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al pubblico ministero e ai carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie». «Questa Procura – spiega il procuratore De Luca – ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il cosiddetto depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di Cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l'accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati». Insomma nessuna conferma sarebbe stata trovata alla tesi rilanciata dalla trasmissione. «Per tali motivi questo ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio – sottolinea il procuratore – è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto».