ENNA – «Il mio è un appello affinché si presti maggiore attenzione perché questa volta non c’è stato un finale irrimediabile, ma poteva finire in modo tragico». Francesco Bertolo è il papà di Rossana, una delle occupanti dell’auto che lunedì sera si è capovolta lungo i tornanti che portano a Calascibetta, causando il ferimento di quattro persone dirette nel comune xibetano per partecipare alla festa patronale. Dal racconto dei quattro ragazzi (uno di Agira e gli altri di Enna) a provocare l’incidente sarebbe stato il tentativo di schivare un cane randagio al centro della strada, una manovra fatale che ha portato fuori strada la Golf su cui viaggiavano.
Tre di loro sono stati dimessi dopo qualche ora con pochi giorni di prognosi, ma per la figlia del signor Francesco ci sarà ancora da aspettare perché con ogni probabilità sarà trasportata a Palermo per ulteriori accertamenti a causa del trauma facciale. Sull’incidente, avvenuto intorno alle 23,30, stanno adesso lavorando i carabinieri per accertare l’esatta dinamica dei fatti tra cui, secondo alcune voci, potrebbe esserci l’alta velocità e una cunetta che avrebbe fatto da trampolino all’auto che si è poi capovolta senza coinvolgere altri veicoli.
«La versione dei ragazzi, che anche altri mi hanno confermato, è che nella zona dove è successo l’incidente c’è spesso un cane che rincorre i mezzi che passano. Può sembrare una sciocchezza ma sentir dire che ci sono stati anche altri casi mi spinge a chiedere una maggiore attenzione», spiega Bertolo senza voler fare polemica. Il suo è più l’accorato appello di un padre che a distanza di ore vive ancora la paura di quanto accaduto alla figlia: «Quando mi ha telefonato mia moglie per dirmi dell’incidente ho avuto paura, se fosse andata peggio oggi non avrei avuto voglia di parlare». Da qui la volontà di raccontare a “La Sicilia” l’accaduto per far sì che si possa intervenire per riportare la sicurezza: «Non ho nulla contro il cane ed anzi il mio appello è anche per salvaguardare la sua vita ma credo sia importante intervenire».
Nei giorni scorsi avevamo raccontato come lo stesso rischio di essere inseguiti dai randagi fosse stato registrato ad Enna e a Bertolo la mente è andata proprio a quel nostro articolo su “La Sicilia” che aveva letto. «Mi sono convinto a raccontare questa storia non per polemizzare ma per sensibilizzare e affinché si possa valutare se la presenza di randagi per la strada potrà costituire in futuro ancora un rischio per la sicurezza» ha concluso il papà della ragazza ferita prima di rientrare al Pronto soccorso di Enna per stare vicino alla figlia diciassettenne ancora sotto shock per l’incidente di cui dopo quasi ventiquattro ore non ricordava nulla.