Nell'Agrigentino
Buste paga “fantasma”: due suore a giudizio con l’accusa di estorsione
Le denunce partite da alcuni operatori della scuola dell’infanzia “Collegio di Maria” di Palma di Montechiaro
Due suore sono state rinviate a giudizio per estorsione. La madre superiora Giuseppa Calzarano, responsabile della scuola dell’infanzia “Collegio di Maria” e la madre generale di Palermo, Paolina Mastrandrea compariranno il 9 gennaio 2023 dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Agrigento, Manfredi Coffari, per rispondere delle accuse rivolte loro dagli inquirenti agrigentini, a seguito delle denunce di alcuni operatori della struttura per l’infanzia di Palma di Montechiaro. Secondo l’accusa le due suore sarebbero state responsabili di quello che in gergo si è soliti definire “cavallo di ritorno”. Ovvero, la restituzione di una parte di stipendio mensile incassato dai dipendenti al proprio datore di lavoro, pena il licenziamento o altri provvedimenti non certo gratificanti.
Al processo in sette si sono costituiti parte civile con gli avvocati Giuseppe Lentini e Donata Milano. Il rinvio a giudizio delle due religiose è stato disposto nei giorni scorsi dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale agrigentino Giuseppe Miceli. Secondo quanto emerso durante l’udienza preliminare, ma soprattutto alla luce di quanto evidenziato dalle indagini scaturite dalle denunce, al pagamento della mensilità sarebbe corrisposta la “richiesta” di restituzione di una corposa parte di questi emolumenti alle suore, nella veste di datrici di lavoro, per evitare (sempre secondo le accuse) di essere sostanzialmente licenziati. Questa situazione si sarebbe protratta per diverso tempo, fino a quando gli operatori in servizio nella scuola dell’infanzia hanno deciso di denunciare tutto agli organi inquirenti. I fatti contestati alle due religiose si sarebbero concretizzati lungo otto lunghi anni, fra il 2011 e il febbraio 2019.
Le indagini sono state eseguite dall’ispettorato del lavoro di Agrigento e dai carabinieri della Compagnia di Licata. Gli investigatori hanno raccolto documenti e testimonianze delle persone ritenute offese, racimolando un faldone che certamente costituirà la spina dorsale del processo al via nel prossimo gennaio. Dalla denuncia all’udienza preliminare il passo è stato breve anche se i presunti fatti illeciti, al centro della faccenda si sarebbero conclusi oltre tre anni fa, appunto nel febbraio del 2019. Nell’udienza preliminare le parti hanno esposto le loro motivazioni, fino alla decisione del gup Giuseppe Miceli con il rinvio a giudizio delle due religiose. Calzarano e Mastrandrea, assistite dagli avvocati Maria Alba Nicotra e Antonino Zanghi, avranno modo di chiarire le rispettive posizioni dinanzi al giudice monocratico, fronteggiando sia le accuse della Procura di Agrigento e quelle dei lavoratori costituitisi parte civile. Non mancheranno ovviamente i testi che dovranno essere escussi in aula, a supporto di questa o quella posizione processuale.
Un “fenomeno”, quello del cosiddetto “cavallo di ritorno” purtroppo molto diffuso nelle scuole private che sempre più frequentemente approda nelle aule dei Tribunali siciliani, grazie alla forza di coloro i quali non accettano di restituire una parte del proprio compenso al proprio datore di lavoro, per evitare problemi. Ad Agrigento, ad esempio negli ultimi due anni si sono svolti tre processi a imprenditori, denunciati dai propri dipendenti perché avrebbero preteso la restituzione di parte dei compensi, pena il licenziamento. Alla lista, in questo caso degli imputati da processare, si aggiungono le due suore chiamate a spiegare a un giudice, la gestione dei rapporti di lavoro e il “metodo” con il qual retribuivano alcuni loro dipendenti. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA