Dopo 27 anni dalle stragi del ’92 sono ancora tanti i buchi neri e le ombre sulle inchieste giudiziarie col sospetto di depistaggi da parte di pezzi di apparati dello Stato: ecco perché nell’anniversario della strage mafiosa di via Mariano D’Amelio, il 19 luglio ’92 a Palermo, dove furono fatti saltare in aria col tritolo Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta, le parole giustizia e verità diventano monito e incitamento verso quei magistrati impegnati nella ricostruzione di quella terribile stagione. Celebrando la messa nella chiesa di San Saverio, don Cosimo Scordato, ha proposto «per Paolo Borsellino e per le tante persone che hanno servito la comunità e lo Stato un processo di beatificazione».
Un richiamo forte è arrivato dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ricordando Paolo Borsellino e gli agenti (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina) ha garantito «l’impegno per assicurare, oltre al tributo doveroso della memoria, giustizia e verità». Per il presidente «la riconoscenza» verso la figura di Borsellino «e la sua azione non si potrà attenuare con il trascorrere del tempo e appartiene al patrimonio di civiltà dell’Italia, conservato e coltivato specialmente tra i giovani: ed è, questo, un segno di speranza».
Verità che ha invocato, con tono fermo durante la cerimonia nella questura di Palermo, il capo della polizia, Franco Gabrielli, facendo riferimento proprio ai presunti depistaggi e al processo in corso a Caltanissetta dove sono imputati per calunnia tre poliziotti, accusati di avere manovrato il falso pentito Vincenzo Scarantino.
«Se tra di noi qualcuno ha sbagliato, se qualcuno ha tradito per ansia da prestazione o per oscuri progetti, siamo i primi a pretendere la verità. E non ci si pari dietro a chi non può più parlare e a scorciatoie. Non vogliamo verità di comodo», il grido di Gabrielli che ha ricordato che tra le 11 vittime delle stragi «otto appartengono alla polizia di Stato».
Perché “se dopo 27 anni siamo ancora alla ricerca della verità – ha sostenuto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, partecipando alla cerimonia in via D’Amelio con tantissimi giovani – vuol dire che lo Stato ha fallito». Ma, ha proseguito il Guardasigilli, «credo nel lavoro dei magistrati che stanno tentando di scoprire cosa accadde realmente in via d’Amelio».
A invocare ancora una volta la verità, usando toni perentori, è stato Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato, per la prima volta «orfano» della sorella Rita che dal ’92 ha dedicato la sua vita girando il Paese per mandare messaggi di legalità ai giovani. «Come tutti gli anni per noi oggi è un giorno di memoria, di lotta per la verità e per la giustizia – ha detto Salvatore Borsellino, circondato dalle agende rosse in via D’Amelio – non ci sono navi del ministero per commemorare questa giornata, e non lo dico per polemizzare, ma ci sono le persone che tutti i giorni dell’anno fanno attività di promozione della legalità nelle scuole». E ha aggiunto: «Io sotto processo voglio vedere chi ha preordinato e ideato il depistaggio e voglio che gli organi istituzionali e magistratura indaghino contro quei magistrati che quei depistaggi hanno avallato».
E il presidente dell’Antimafia, Nicola Morra in via D’Amelio, ha assicurato il massimo impegno: «Questa commissione antimafia ha deciso di avviare la desecretazione di 1.612 documenti ad oggi, ma potrebbero aumentare; rendiamo a tutti gli specialisti, ma anche a tutti i cittadini italiani, la possibilità di cercare di capire cosa sia successo».
Di «libertà, giustizia, coraggio, rigore morale» ha parlato il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, mentre il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha rivolto «un pensiero e una preghiera per questi eroi italiani, ringraziando forze dell’ordine e magistrati che ne onorano la memoria con la guerra quotidiana a tutte le mafie». Alle 16.58, ora della strage, le note del silenzio in via D’Amelio hanno celebrato le vittime della strage.