PALERMO – La speranza non scade: 26 anni dopo la strage di via D’Amelio, per il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, questo è il momento buono per fare chiarezza. L’ha detto con insolito ottimismo dal palco sistemato sul luogo dell’eccidio dove insieme al magistrato morirono cinque agenti della scorta. Ad ascoltarlo c’era anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, «un uomo di quelle istituzioni finalmente degne – ha sottolineato Salvatore Borsellino – che proprio per questo sono tornate qui a essere rappresentate, dopo anni di assenza». E il Guardasigilli non si è sottratto all’impegno di lavorare per la verità: «Tra le domande poste da Fiammetta Borsellino (che ieri ha elencato 13 punti oscuri in un intervento su Repubblica, ndr), ce n’è una che investe il governo, quella relativa agli atti del Sisde. Mi faccio promotore di vagliare la richiesta per dare risposte – ha detto Bonafede, arrivato in via D’Amelio insieme alla presidente della Commissione giustizia di Montecitorio Giulia Sarti -. Da qui deve arrivare un messaggio: lo Stato in via D’Amelio c’è».
Interrogare gli attuali vertici dei servizi segreti su quanto accadde tra il ’92 e il ’94, è il programma annunciato ieri anche dal presidente dell’Antimafia siciliana Claudio Fava, che ha audito Fiammetta Borsellino in Commissione. E stamattina il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha spiegato che «onorare la memoria del giudice Borsellino e delle persone che lo scortavano significa anche non smettere di cercare la verità su quella strage».
In via D’Amelio alle 16.58 (l’ora dell’esplosione) un minuto di silenzio ha ricordato i morti della strage e quando la piazza ha riacceso il volume, dominavano le voci dei bambini che leggevano poesie e che con i loro lavori e disegni si appropriavano del luogo. Una piazza con pochi politici, dove il segretario del Pd Maurizio Martina dichiara l’emozione di esserci: «Le domande della famiglia Borsellino sono anche le nostre per chiedere verità e giustizia». Ed è ancora il fratello del magistrato a insistere che non può esserci rassegnazione per quanto accaduto: «Paolo – dice – è stato sacrificato sull’altare della trattativa. Se fosse stato ucciso dal “nemico” non ci sarebbe una via D’Amelio. Non saremmo qui con queste agende rosse a chiedere verità e giustizia». E proprio oggi, giorno dell’anniversario, i giudici hanno depositato in tempi record, appena 90 giorni, la sentenza del processo trattativa, emessa il 20 aprile scorso. E i giudici scrivono, tra l’altro che «l’invito al dialogo che i carabinieri fecero arrivare al boss Totò Riina dopo la strage di Capaci sarebbe l’elemento di novità che indusse Cosa nostra ad accelerare i tempi dell’eliminazione di Paolo Borsellino».