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Borsellino, il fratello: «La verità è nell’agenda rossa e ce l’ha lo Stato»

Di Redazione |

PALERMO – «Fino a quando non avrò l’agenda rossa di Paolo non avrò pace. L’agenda è dentro le istituzioni. La verità è dentro lo Stato», dice in via D’Amelio, a 28 anni dalla strage, Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia.

E Antonio Vullo, l’unico poliziotto della scorta di Borsellino sopravvissuto all’attentato, parla della consapevolezza del magistrato, il quale «sapeva che il prossimo sarebbe stato lui, ma fu lasciato solo. Spero che adesso non vengano lasciati soli tanti magistrati che continuano a impegnarsi per la ricerca della verità». Ad ascoltarlo, quattrocento persone. Giovani delle associazioni, famiglie, qualche turista, studenti. E poi il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, l’ex pm Roberto Tartagalia, oggi vice capo del Dap, l’ex presidente del Senato Piero Grasso, il sindaco Leoluca Orlando.

«Giustizia, vogliamo giustizia», torna a urlare Salvatore Borsellino. Ma la strada verso la verità è ancora tortuosa.  «Penso che tanti percepiamo un nodo – ha detto Tartaglia – che è tutto quello che manca alla ricostruzione dei fatti. Penso al collaboratore Cancemi che parla di una riunione fatta poco prima del 19 luglio a casa di Guzzo, alla quale prese parte Riina, che aveva premura a compiere la strage, come se dovesse rispettare un impegno preso. Fino a quando non riusciremo a dare le risposte su questa accelerazione improvvisa, il nodo non si scioglierà».

«La verità su questa strage non c’è e non è detto che ci possa essere tra due anni o tre anni – ha detto Morra – Dobbiamo prendere consapevolezza che le forze contro cui combattiamo non sono irrilevanti. Mi domando in quali altre occasioni un uomo così legato a un magistrato ucciso in una strage, pur volendosi far sentire e avendo tanto da dire, non sia stato sentito dalla magistratura. Paolo Borsellino non è stato mai ascoltato dopo la strage di Capaci, questo rimane inspiegabile anche dal punto di vista giudiziario». 

Alle 16.58, l’ora in cui 28 anni fa avvenne la strage, i presenti in via D’Amelio osservano un minuto di silenzio, preceduto da un accorato appello dell’unico sopravvissuto alla strage, l’agente Antonino Vullo: «Dobbiamo essere vicini ai magistrati che stanno cercando la verità, e non lasciarli soli come è accaduto a Falcone e a Borsellino».

Resta il fatto che non c’è ancora verità per l’uomo che «seppe stare dalla parte giusta», come dice la sorella di Giovanni Falcone, Maria. Quella verità che alla vigilia del 19 luglio ha chiesto il presidente dell’Antimafia regionale Claudio Fava, il cui padre fu ucciso dalla mafia nell’84, invitando tutti a occuparsi del presente, a indagare e a liberarsi della “liturgia delle celebrazioni». Celebrazioni che hanno dovuto ridimensionare momenti come la fiaccolata, che al calare della luce si svolgeva nel tratto che va dal luogo della strage alla piazza Vittorio Veneto, davanti al monumento dei caduti. Quest’anno, invece, si svolge in forma statica.

Intanto, se il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede chiede di portare avanti tutti insieme la guerra contro una mafia che si nasconde e si trasforma, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri individua nell’indagine mafia-appalti, condotta da Borsellino e archiviata un mese dopo la sua morte, “la chiave di quei misteri. Non ci sono ombre di potenze esterne. Ci sono vicende da chiarire anche all’interno del Palazzo di giustizia e della Procura di Palermo».

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