L'inchiesta
Blitz Cappello-Centorino, c’è anche l’appoggio ad una candidata catanese all’Ars nel ruolo di Pedicone
I magistrati precisano però che non è stato configurato il reato di voto di scambio
Riccardo Pedicone, braccio destro del boss Mario Pace, del clan Cappello di Catania, sarebbe stato il referente della cosca sul versante Ionico della Sicilia, e in particolare a Giardini Naxos.
E nel suo ruolo, secondo quanto emerge dalle inchieste contro il clan Cappello-Centorino delle Dda di Catania e Messina, in occasione delle consultazioni regionali del settembre 2022, si sarebbe «adoperato per supportare la campagna elettorale di un candidato catanese per l’Assemblea Regionale Siciliana».
Ma, spiegano i magistrati, dalle “risultanze investigative sulla ricerca del sostegno elettorale, seppur non abbiano consentito di configurare a livello di gravità indiziaria il patto idoneo ad integrare il reato di scambio elettorale politico mafioso, avrebbero consentito, comunque, di acquisire ulteriori elementi indiziari in ordine al riconoscimento mafioso della figura di Pedicone, in quanto sodale influente ed in grado di assicurare l’appoggio elettorale anche in occasione di elezioni di livello regionale».
Si tratta di una donna, catanese, poi non eletta, per la quale Pedicone si sarebbe speso durante la campagna elettorale per l’Assemblea regionale Siciliana del 2022. E’ quanto emerge dal provvedimento del gip di Catania, Simona Ragazzi su richiesta del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dei sostituti Assunta Musella e Alessandro Sorrentino.
Secondo il giudice, è «un profilo per il quale, pur non avendo raggiunto ad avviso della Procura, la soglia della robustezza per configurare il reato di voto di scambio politico mafioso, integra e colora fortemente la contestazione associativa». A prendere i contatti con le organizzazioni criminali e ad occuparsi della campagna elettorale sarebbe stato il marito della candidata, condannato per associazione mafiosa per la sua partecipazione al clan capeggiato di Salvatore Cappello e Orazio Bonaccorsi nel Siracusano. Dalle indagini sarebbe emerso che era proprio il marito a gestire la campagna elettorale della moglie, che, invece, appariva timorosa nel candidarsi. Ma l’uomo, determinato, avrebbe insistito sostenendo che l’iniziativa era maturata soltanto per un tornaconto personale, principalmente economico, e non per interesse della comunità, sottolineando, sprezzante, che sarebbe questo il ruolo a cui è relegata la politica in Sicilia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA