Una vera e propria fabbrica dell’orrore quella che si è consumata a Biancavilla. I testimoni di giustizia Luca e Giuseppe Arena, imprenditori nel settore delle pompe funebri che hanno denunciato i loro estortori, alcuni anni fa, raccontarono a Le Iene che alcuni barellieri durante il trasporto dall’ospedale a casa uccidevano alcuni malati terminali attraverso iniezioni d’aria nelle vene. Decessi che poi venivano camuffati in aggravamenti delle condizioni di salute dei pazienti che avevano già un quadro clinico complicato. E tutto era fatto per accaparrarsi qualche spicciolo dalla vestizione del caro estinto o magari riuscire a farsi assegnare il funerale portando anche introiti alle cosche mafiose locali. Insomma per dirottare 200 o 300 euro ai clan Santangelo di Adrano e ai Toscano-Mazzaglia-Tomasello di Biancavilla. Racconti inquietanti quelli che sono finiti nei faldoni dell’inchiesta dei carabinieri di Paternò – chiamato Ambulanze della morte – che hanno portato a processo due barellieri.
Agatino Scalisi, accusato di un solo decesso sospetto, nel 2021 è stato condannato a 30 anni con il rito abbreviato. Il legale ha impugnato quel verdetto e ora è arrivata la decisione della Corte d’Appello di Catania. C’è stato un concordato tra le parti che ha portato a un netto ridimensionamento della condanna.
Ma andiamo a citare il dispositivo emesso ieri: «in parziale riforma della sentenza del 25 novembre 2021, sull’accordo del procuratore generale e dell'imputato, escluse alcune aggravanti e riconosciute le attenuanti generiche, ridetermina per Agatino Scalisi la pena in 13 anni, 1 mese e 10 giorni di reclusione». Insomma uno “sconto” di oltre la metà della pena che aveva comminato il gup. Ed essendoci stato un “accordo” tra pg e difesa, l’epilogo giudiziario di questo troncone dovrebbe essere questo.
Scalisi, inoltre, è stato condannato altresì «alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite, Giuseppe Arena, Luca Arena, Orazio Arena, Associazione Antiracket e Antiusura Libera Impresa, comune di Biancavilla, Codacons, Articolo32-97-Aidma, Asp di Catania (assistita dall'avvocato Carmelo Calì)».
L’altro filone processuale, chev vede alla sbarra Davide Garofalo, invece è a un passo dalla Cassazione. L’imputato, giudicato con il rito ordinario, è stato condannato all’ergastolo in primo grado (a lui furono contestati tre decessi, ndr) e la scorsa estate la sentenza è stata confermata. Nella sentenza di primo grado i giudici scrivevano che il barelliere «non avrebbe avuto alcun rimorso di coscienza. E si sarebbe accanito sulle vittime, fino a farle morire, pur di guadagnare meno di un centinaio di euro». Si attende adesso la fissazione dell’udienza davanti alla Suprema Corte.