Basi, missili e segreti: la “guerra fredda” lungo la costa siciliana del petrolio

Di Tony Zermo / 10 Luglio 2019

Ci sono strane situazioni lungo la costa siracusana, la «costa dei petroli». Partiamo dal fatto che ci sono ordigni nucleari in un sito segreto, forse anche i missili Cruise, che nella base di Comiso erano puntati su Mosca durante la guerra fredda di trent’anni addietro. Forse non sarebbero stati smantellati o portati negli Stati Uniti, si troverebbero invece ancora in Sicilia. E secondo alcune indiscrezioni sarebbero con altri ordigni nucleari nella cava di Sorciaro sotto Carlentini, un’enorme grotta sottomarina.

Si tratterebbe di una base dove si entra in due modi, o con i sottomarini a propulsione nucleare, oppure arrivando dall’alto addirittura con degli ascensori profondi. Pare che in questa cava carlentinese siano stati girati due film di 007 con licenza di uccidere. È una base segreta sorvegliata da militari statunitensi e da militari americani.

Racconta un marinaio che è stato in servizio a Cava di Sorciaro: «Anche nell’ambito militare questo sito era sconosciuto e io stesso non ne avevo mai sentito parlare fino a quando non vi sono stato destinato. In questo sito dal nome inquietante era stato costruito un deposito munizioni per la Nato e per l’aviazione Us Navy con base a Sigonella. Nello stesso sito era stato allestito un complesso per la riparazione e i controlli programmati dei missili Terrier e Tartar. Cava si trova a circa 4 chilometri dal litorale e in quegli anni era raggiungibile attraverso una strada che si inoltrava tra gli aranceti. Non c’erano indicazioni e la strada finiva davanti a un caseggiato dipinto di verde. L’unico elemento che lo identificava come struttura militare era un pennone con la bandiera della Marina italiana. Tutta la zona era interamente recintata da una rete metallica. All’interno di questa zona si trovava una casamatta per l’alloggiamento del personale e l’armeria. Da qui partiva una strada, costruita sul fianco del costone, che portava agli accessi di cinque gallerie-deposito scavate nella roccia. Ogni galleria si addentrava per parecchie centinaia di metri nelle viscere della montagna e aveva lungo il percorso varie diramazioni che portavano ai rispettivi depositi, ognuno dei quali chiuso da porte tagliafuoco. Ogni galleria e relativi depositi erano tenuti a temperature costanti tramite un sistema di aria condizionata. Nella parte opposta alla strada di accesso alle galleria c’era l’area con l’edificio che comprendeva l’officina dei missili.

La struttura era composta da una sala generatori elettrici, una sala apparecchiature elettroniche per controlli e simulazione del volo dei missili, una zona officine con i paranchi per il sollevamento e trasporto missili, una cala per i pezzi di ricambio, un ufficio e un’area separata con i muri in cemento armato comprendente le celle dove venivano posizionati i missili durante le operazioni di controllo. Molti sottufficiali erano sergenti di leva e come me provenienti dal corso di Maricentart, tutti diplomati in elettronica. A guidare il gruppo era un giovane maresciallo siciliano che aveva frequentato il corso sul sistema missilistico negli Stati Uniti. Nei quasi 16 mesi che ho trascorso lì ricordo nella primavera del ‘69 quattro giorni di lavoro continuato a turni di quattro ore per imbarcare su due trasporti Us Navy circa 4000 tonnellate di bombe di aereo da 1.000 chili e bombe al napalm destinate al Vietnam».

Questo il racconto dell’ex sottufficiale in cui si descrive chiaramente l’esistenza di un deposito missili nella cava di Carlentini. Che poi siano i Cruise o altro tipo di missili ha poca importanza. Che ci fanno questi missili nella pancia del territorio siracusano?

La cosa strana è che in zona ci sono anche i russi che con la Lukoil hanno acquisito la Erg dei petrolieri genovesi Garrone e impiantato tutta una catena di distributori di benzina dal Ragusano al Siracusano dotati di telecamere: per cui è possibile controllare il traffico veicolare della zona, sia civile che militare. I distributori prima erano della Tamoil, di colpo in un giorno sono diventati Lukoil di un magnate russo e si trovano solo nel distretto siciliano del Sud-Est, non altrove.

È difficile spiegare come mai gli americani non abbiano impedito ai russi di installarsi così vicino alle loro posizioni.
Qui si innesta un altro episodio mai chiarito, e cioè il rapimento a Mosca della figlia del petroliere russo padrone della Lukoil. L’ostaggio venne poi liberato, ma dell’episodio non si è mai saputo nulla. Un altro mistero dentro questi misteri siracusani. Che non sono soltanto questi, ma anche lo stranissimo episodio del contenitore di una barra di uranio trovato nel territorio e che avrebbe fatto parte di una consegna di barre di uranio passate dalla banda romana della Magliana alla mafia siciliana. Le barre di uranio servono ovviamente per la fabbricazione delle bombe atomiche. Che fine hanno fatto?

Si tenga presente tra l’altro che il gasdotto Tap contestato dagli ambientalisti pugliesi e che comunque si farà perché porterà il metano a più basso prezzo dall’Azerbaigian, passerà anche dalla costa orientale della Sicilia, cioè dalla provincia aretusea. È un gasdotto che si diramerà anche a Malta, in Grecia e nei Paesi vicini ed è sostenuto da Trump per contrastare l’altro gasdotto russo che porterà il metano direttamente in Germania e in altri Paesi europei.

Nel quadro c’è da inserire il movimento sospetto di alcune navi che fanno la spola tra le raffinerie augustane e la costa libica, con il petrolio merce di scambio tra il generale cirenaico Haftar e la Russia che in cambio di petrolio fornisce armi all’uomo che vuole impossessarsi di tutta la Libia e che è appoggiato anche da Trump, oltre che da Putin.

Lungo la costa siracusana ci sono troppi segreti, anche gli avvocati e i magistrati coinvolti nello scandalo delle sentenze aggiustate, avvocati che avevano agganci fino ai vertici dell’Eni. La commistione tra ordigni nucleari e petrolio nella costa siracusana è una miscela esplosiva.

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Pubblicato da:
Redazione
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