Ha ammesso i «fatti contestati», chiedendo «scusa» e riferendo di «aver sbagliato» Domenico Coppi, uno dei tre agenti di polizia penitenziaria di Bari messi agli arresti domiciliari dal 9 novembre scorso con le accuse di torture nei confronti di un detenuto di 41 anni affetto da patologia psichiatrica.
Coppi e un altro agente, Raffaele Finestrone, hanno risposto alle domande del gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia, mentre il terzo collega, Giacomo Delia, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
La presunta aggressione sarebbe avvenuta il 27 aprile scorso in carcere dopo che il detenuto aveva dato fuoco ad un materasso nella sua cella.
Contrariamente a Coppi, 58enne, difeso dall’avvocato Fabio Schino, il secondo agente, Finestrone, 57 anni, difeso dal collega Donato Marcucci, ha respinto le accuse riferendo di essere intervenuto in una «situazione di pericolo in seguito all’incendio». Si è avvalso invece della facoltà di non rispondere, il terzo agente ai domiciliari, Giacomo Delia, 57 anni, difeso dal legale Antonio La Scala.
Quest'oggi anche gli interrogatori di garanzia degli altri sei agenti penitenziari indagati, per i quali il gip ha disposto la misura della sospensione temporanea, dagli 8 ai 12 mesi.
Tra gli agenti con l’interdizione più alta (12 mesi), Antonio Rosati ha fornito la propria versione dei fatti respingendo le accuse. Rosati è difeso dall’avvocato Salvatore Campanelli. Sono quindici complessivamente gli indagati, tra cui un medico e tre infermieri del penitenziario barese.
I reati contestati a vario titolo sono tortura, falso ideologico e materiale, omissione di atti d’ufficio per non aver impedito le torture, violenza privata e omessa denuncia. Intanto i pm che coordinano le indagini, Giuseppe Maralfa e Carla Spagnuolo, hanno disposto per il 17 novembre prossimo un accertamento tecnico non ripetibile sui telefonini sequestrati agli indagati.