Era ancora «una bambina» che la stampa ha «trasformato in una persona che non era, soltanto per i piercing e le foto su un profilo personale». Ai funerali di Ilaria Boemi, la sedicenne trovata morta tre giorni fa sul lungomare Ringo di Messina, la sua famiglia e i suoi amici la “difendono” da “ricostruzioni non vere”. Prima di entrare nella sala della chiesa Avventista cristiana, dove si trova la bara bianca ricoperta di rose, suo fratello Lillo Boemi accusa i giornalisti, non ammessi alla funzione: «Continuate a scrivere cose false sua mia sorella, vi dovreste vergognare: voi non sapete niente».
I familiari che la piangono affranta la descrivono come «una ragazza normale che studiava, amava i piercing, suonava la chitarra, frequentava una palestra e praticava judo». Accanto alla bara c’è un pallone a forma di cuore con la scritta colorata “Ilaria ci manchi”. I compagni di classe della ragazza sono stati vicini anche durante la funzione alla famiglia Boemi: «Lei – dicono – non era quella che è stata descritta e che appare sulle foto di Facebook: era una ragazza splendida, buona e educata». Hanno esposto due cartelli fuori dalla chiesa con foto di Ilaria. Ricordando la loro amica hanno scritto: «E il tuo sorriso cosa era un pezzo di volta celeste pura in mezzo a tutta sta bufera» e «Chissà dove eri, ti ho cercato tra le nuvole, ma tu non c’eri».
Secondo le sue compagne di classe «i media hanno puntato sull’apparenza estetica, ma caratterialmente Ilaria era tutta un’altra cosa». «Mia sorella – ribadisce Lillo Boemi – era una bambina, aveva solo 16 anni e tanta voglia di vivere. Non faceva uso di stupefacenti. Se le analisi diranno il contrario vuol dire che qualcuno le ha messo qualcosa in un cocktail che aveva bevuto poco prima». E quest’ultima potrebbe essere l’ipotesi al vaglio degli investigatori sulla causa della morte. La polizia di Stato sta vagliando le testimonianza di decine di giovani, partendo da quella dei due amici, una sedicenne e un ragazzo da poco maggiorenne, che erano con Ilaria quando si è sentita male e che sono fuggiti appena arrivati i primi soccorsi. Sono stati loro a fare il nome di un’altra sedicenne che avrebbe fornito della sostanza stupefacente, forse ecstasy o cristalli sciolti in una bevanda, alla minorenne.
Sentita dalla squadra mobile della Questura dopo diverse ore è stata lasciata andare. La Procura per i minorenni di Messina l’ha indagata per cessione di sostanze stupefacenti. E la configurazione del reato potrebbe aggravarsi con un’ipotesi ancora più grave: morte come conseguenza di un altro delitto. Gli investigatori hanno una ricostruzione abbastanza chiara sulla vicenda, anche se mancano ancora alcuni tasselli da chiarire con certezza: se la sedicenne che ha agito da ‘amicà o da ‘pusher’. Non tutte le persone sentite, compresi molti minorenni, non avrebbero fornito una collaborazione piena, lasciando molti “non ricordo” e “non so”. Dubbi che potranno sciogliere ulteriori indagini e i referti degli esami tossicologici e istologici da parte del medico legale.