SIRACUSA. Al di là dell’indice di gradimento – pari pressoché a zero – delle istituzioni locali, il centro d’accoglienza dei migranti ad Augusta potrebbe presentare delle «anomalie» nell’appalto. Con responsabilità, per ora soltanto «eventuali», ad alto livello. La Procura di Siracusa ha aperto un’inchiesta sul caso dell’hot spot all’interno dello scalo. «Un fascicolo conoscitivo senza indagati, né, al momento, ipotesi di reato», conferma il procuratore Francesco Paolo Giordano.
Sul tavolo del pm, innanzitutto, alcuni esposti. Del deputato regionale di Ncd, Enzo Vinciullo, e del sindaco di Augusta, Cettina Di Pietro. Ma non soltanto quelli. Le denunce partono da una tesi principale: l’appalto espletato, ma non ancora aggiudicato definitivamente, da Invitalia sarebbe illegittimo. Si tratta del “Bando di gara per l’affidamento in 2 lotti per le strutture di attendamento per l’accoglienza dei migranti presso i porti di Taranto e Augusta” che l’agenzia nazionale ha emanato per conto del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno. L’appalto complessivo è di 1.955.480 euro; il secondo lotto, riguardante la struttura siciliana, ha una base d’asta di 983.850 euro, di cui 5mila per oneri di sicurezza.
Ma cosa c’è che non va in questa storia dell’appalto? Il primo profilo di potenziale illegittimità riguarderebbe il contrasto con la delibera Anac n. 66/2012, nella quale l’Authority di Raffaele Cantone dice chiaramente che la disponibilità dell’area in cui si realizza un intervento è un requisito fondamentale, che in questo caso manca. Agli atti dell’Autorità portuale (che ha pure espresso parere negativo alla richiesta del ministero delle Infrastrutture) non c’è alcuna richiesta di concessone, né tantomeno un decreto di requisizione per ragioni di pubblica utilità. Gli altri elementi nel fascicolo della Procura riguarderebbero ulteriori ipotesi di violazioni: qualsiasi centro di accoglienza (non solo l’hot spot strutturato, ma anche la tendopoli), al di là dell’emergenza, sarebbe “fuorilegge” rispetto alla legislazione in materia portuale: nessuna delle funzioni previste dalla legge 84/1994 è lontanamente riconducibile a quella dell’accoglienza.
Inoltre andrebbe considerata anche una mancata richiesta di autorizzazione alla Regione (che avrebbe potestà legislativa esclusiva in materia), ma soprattutto una questione più complessiva di sicurezza. Ovvero: il “trapianto” di un centro di accoglienza nello scalo, per la presenza di migliaia di migranti oltre che di decine di volontari, confliggerebbe con le (rigidissime) norme in materia di sicurezza e salute degli operatori portuali. Il procuratore di Siracusa parte dal contenuto degli esposti. «Ma ovviamente andiamo oltre. Stiamo lavorando», precisa. Acquisizione di atti, ipotesi di sentire persone informate dei fatti, scambio di informazioni con l’Anticorruzione. «Vogliamo vederci chiaro, andiamo fino in fondo».
È consapevole, Giordano, della delicatezza del caso, visto che le «parti in causa sono soggetti istituzionali». Ma sia chiaro: «Io non dimentico che nel dibattito sul caso c’è un convitato di pietra, ovvero la tutela dei diritti dei migranti».
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