PALERMO – Arriva il grande caldo e, come sempre, porta con sé i blackout energetici. Quest’anno, però, Italia e Sicilia vivono l’arrivo del caldo con particolare apprensione. È di questi giorni l’allarme, pubblicato nel bollettino mensile di Terna, lanciato da Entso-E, l’associazione europea dei gestori di rete di trasmissione elettrica, riguardo «alcuni importanti segnali in termini di adeguatezza ». Entso-E evidenzia come «in Italia vi siano zone con un potenziale eccesso di capacità produttiva (Sud) e zone strutturalmente deficitarie (Centro Nord)». Il focus è chiaro: «Le simulazioni mostrano come, in caso di caldo intenso e basso apporto da rinnovabili, i margini possano essere sufficienti solo grazie all’Import dai Paesi confinanti».
«Le simulazioni probabilistiche condotte sulla settimana dal 23 al 30 luglio (quella ormai in via di conclusione, ndr) , quella potenzialmente più critica, hanno individuato, per l’aggregato Nord e Centro Nord, una soglia critica di temperatura media giornaliera pari a 26°C: oltre questa temperatura, l’import dall’estero diviene indispensabile a garantire margini di adeguatezza positivi».
Ne abbiamo avuto un assaggio il 14 luglio, prima ondata di caldo con oltre 30 gradi: a fronte di una potenza installata di 117,1 Gw in Italia, il fabbisogno nazionale quel giorno è sceso, con picco a 41,718 Gw, eppure si sono registrate parecchie interruzioni. Nel prosieguo, lo scenario mostra che «nella settimana centrale di agosto e nelle ultime settimane di settembre, sia di notte che di giorno, potrebbe essere necessario ridurre la produzione eolica al Sud e nelle Isole per garantire sicurezza al sistema».
Terna, che ha appena approvato la semestrale con ricavi a +3,3% e utile a +2,5%, prosegue gli investimenti spendendo nel primo semestre 338 milioni (+3,7%) e sta intensificando la costruzione delle nuove interconnessioni Italia-Francia e Italia-Montenegro (saranno completate nel 2019). Ma il sistema nazionale non sarà mai del tutto sicuro e il prezzo dell’energia non calerà granché se non sarà allargato l’ “imbuto” rappresentato dalla Sicilia. Infatti, arriva più energia dalla Calabria attraverso il Sorgente-Rizziconi e si produce tanta “rinnovabile”, ma né l’una né l’altra possono attraversare l’Isola, e varie zone restano carenti. E se prima esportavamo quasi 1 Twh verso Malta, ora ne inviamo meno della metà. Così, se la Strategia energetica nazionale prevede un collegamento sottomarino Sardegna-Italia via Sicilia e l’Isola sarà il terminale di un cavidotto Tunisia-Italia, occorre completare rapidamente la nuova rete da Est a Ovest della regione.
La Sicilia, frattanto, riduce i propri consumi (fabbisogno a giugno 1.554 Gwh, -2,1% rispetto a giugno 2017 e -0,3% rispetto al primo semestre dell’anno scorso), riceve 1,8 Twh a basso costo dalla Calabria e ne esporta solo 0,4 verso Malta. Eppure paga in bolletta un MWh 64,1 euro, cioè 4,8 euro in più del Prezzo unico nazionale, che a giugno è stato di 57,3 euro.
Schietta l’analisi di Mario Pagliaro, primo ricercatore del Cnr di Palermo e coordinatore del Polo solare della Sicilia: «È un quadro del sistema energetico in profonda trasformazione, che ha tre cause: economica, tecnologica e meteo». In particolare, rileva Pagliaro, «il 2018 è l’anno del ritorno di piogge abbondanti e persistenti: ecco il riapparire in grande stile della produzione idroelettrica, che cresce del 36,5% e passa in soli 6 mesi dai 19,074 mld di kWh del 2017 ad oltre 26 mld. Maltempo significa anche maggiore ventosità: la produzione eolica sale di oltre il 9%, passando dagli 8,8 mld di kWh dei primi 6 mesi del 2017 ai quasi 9,62 mld del 2018. Pioggia e vento significano meno radiazione solare. Ecco il forte calo (-10,5%) della produzione fotovoltaica, che passa dai 12,75 mld di kWh del 2017 a 11,41 mld».
Di conseguenza, osserva il ricercatore, «crolla la produzione termoelettrica che passa da 96,88 mld di kWh nel primo semestre 2017 agli 86,18 mld di quest’anno: un calo dell’11%. Che è dovuta anche (e molto: +30%) dalle maggiori importazioni di elettricità dall’estero, essenzialmente dalle centrali nucleari di Francia, Svizzera e Slovenia, che passano dai 18,314 mld di kWh importati nel 2017 a 23,85».
La Sicilia, poi, è come un’immensa “centrale elettrica” mal collegata alla rete. Cuore pulsante di questa “centrale” sono ormai, e sempre di più, le energie rinnovabili. La parte del leone, manco a dirlo, la fa l’eolico con (dati Terna aggiornati allo scorso 15 luglio), 882 impianti per 1.830 Mw di potenza installata (il 10% del totale nazionale). Segue da vicino il fotovoltaico, con 51.257 impianti pari ad una potenza installata di 1.382 Mw (un quindicesimo del totale nazionale), poi l’idroelettrico con 26 impianti per 281 Mw, e le biomasse e il geotermico con 46 impianti per 93 Mw.
Ma ancora il settore, seppure in certe giornate riesce a coprire il fabbisogno facendo spegnere le vecchie centrali termiche, non riesce a reggere il confronto con la potenza installata di termoelettrico, che vede nell’Isola ancora 91 turbine della potenza nominale di 5.313 Mw. Il confronto, infatti, secondo il bilancio Terna 2017, vede in totale 50.727 impianti rinnovabili per 3.413 Mw. Il pareggio è ancora lontano. Però è un fatto che, secondo dati Anev, in Sicilia, ad esempio, la gestione degli impianti eolici occupa 6.800 persone. Però, come si apprende da fonti vicine all’Anev, i produttori lamentano che nell’Isola ci sono 1.498 aerogeneratori che lo scorso anno hanno potuto funzionare per poco più di 1.700 ore annue e che non intendono investire oltre se non ci sarà la possibilità dalla rete di “girare” per almeno 2.400 ore annue.
Il cittadino fa fatica a comprendere come mai, a fronte di una potenza installata complessiva di 8.726 Mw, più l’apporto di circa 2 Twh in media dalla Calabria, e un fabbisogno interno in calo (a giugno -2,1% su giugno 2017), ci sono black out (come se l’energia disponibile non fosse sufficiente) e in Sicilia la bolletta è la più cara d’Italia.
L’Isola, a questo punto, è ad un bivio. L’Ue ha aumentato dal 27 al 32% l’obiettivo al 2030 di consumi elettrici coperti da fonti rinnovabili, scavalcando la Strategia energetica nazionale che lo scorso anno aveva portato l’asticella al 28%. Questo, in teoria, dovrebbe significare più impianti “green”. In teoria, perché di fatto la vecchia rete isolana non consente di assorbire tutte le immissioni dai campi eolici e fotovoltaici, a causa della mancata chiusura dell’ “anello” a 380 Kv. Così, paradossalmente, quando c’è un surplus di produzione gli impianti devono essere staccati dalla rete. E quando c’è più bisogno di apporto a volte la produzione rinnovabile cala per effetto di variabili naturali.
Ma i progetti per completare l’anello, tranne il Paternò-Priolo sbloccato lo scorso mese di dicembre, attendono da anni le autorizzazioni. Di contro, all’assessorato regionale Energia giacciono richieste di autorizzazione di nuovi impianti rinnovabili per svariati Gw di potenza. Ma, fra perplessità di “grillini” e ambientalisti e incertezze nelle regole da seguire, la Sicilia potrebbe impiegare molto tempo a dare una spinta alle rinnovabili.