La scritta è in stampatello, con una penna rossa: «Ce l’abbiamo fatta Giovà… Dopo 30 anni!!!». Non c'è firma, solo una data, il 16 gennaio 2023. Ma "Giovà" è Giovanni Falcone, e il bigliettino con questa dedica è sulla lapide della sua tomba, nella chiesa di San Domenico a Palermo. E allora anche la data si fa più chiara: Matteo Messina Denaro è in manette, a trent'anni da quelle stragi di Capaci e via D’Amelio che cambiarono il Paese.
Sono tanti i biglietti e le dediche che chi passa dalla chiesa palermitana – un pantheon per i siciliani illustri – lascia sulla lapide del magistrato. Ieri si è aggiunto anche questo: di sollievo, di soddisfazione, forse anche di rabbia, con quei tre punti esclamativi, uno per ogni decennio in attesa della giustizia. L’immagine è stata pubblicata sui social dalla Fondazione Falcone, che ha postato una foto doppia: il boss nelle mani dei carabinieri e la tomba del giudice, gremita di foglietti e messaggi.
«Una giornata straordinaria – il commento della Fondazione alle foto – Un grande successo della Procura della Repubblica di Palermo e dell’Arma dei Carabinieri: il miglior modo per ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel trentesimo anniversario delle stragi. Siamo grati allo Stato e alle Istituzioni e anche in questa giornata di gioia siamo dalla parte giusta. Da un lato l’arresto dell’ultimo boss stragista Matteo Messina Denaro, il peggior criminale e latitante d’Italia, dall’altro la fiducia e la speranza che vincono: un giovane laureato che ha lasciato ieri in segno di impegno la sua corona di alloro sulla tomba».
E chissà chi ha lasciato quel biglietto "Ce l’abbiamo fatta": piace immaginare che dietro quel plurale ci sia un collega della Procura, o magari un carabiniere. O forse non c'è nessuno dei due: forse a lasciare quel messaggio al giudice è stato un cittadino, un palermitano come tanti che si è sentito parte, in questi anni, della lotta alla mafia. Che ha fatto sua una delle lezioni di Falcone, scritta anche sul marmo di San Domenico: "Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini».