«Appalti condizionati al Cara di Mineo» Sei gli indagati, c’è anche Castiglione

Di Mario Barresi / 05 Giugno 2015

MINEO. Quando, alle 8 in punto, davanti alla porta del muncipio materializzano quei «tre forestieri», l’usciere ha già mangiato la foglia: «Se ce lo dicevate prima, che dovevate venire qui per una cosa così importante, vi avremmo detto che il comune di Mineo apre alle sette e mezza». Ma la visita, tutt’altro che di cortesia, non poteva rientrare nella categoria di quelle annunciate.

 

Perché i «tre forestieri» sono, in rigoroso ordine di apparizione, il sostituto procuratore di Catania, Raffaela Vinciguerra, e due uomini del Ros dei carabinieri, il capitano Emanuele Piccirilli e il maresciallo Pietro Mele. Già a quell’ora, in tutt’Italia, sono scattate le 44 ordinanze di custodia cautelare di “Mafia Capitale” e le 21 perquisizioni a carico di altre persone indagate. E nelle sette pagine del “Decreto di perquisizione informatica e locale”, notificato ad alcuni degli interessati (ma non a tutti, fino a ieri sera) anche come informazione di garanzia, c’è la conferma della notizia che La Sicilia aveva anticipato lo scorso 12 marzo. Ci sono degli indagati per la gestione del Cara di Mineo.

E c’è un procedimento penale – il “n. 243/2015 Rgnr Mod. 21” aperto dalla Procura di Catania. Nei confronti di sei persone, in rigoroso ordine di comparizione: Giuseppe Castiglione (sottosegretario all’Agricoltura e deputato nazionale di Ncd di cui è coordinatore regionale) «nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo»; Giovanni Ferrera, «nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza»; Anna Aloisi, «nella qualità di sindaco di Mineo»; Paolo Ragusa, «nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino»; Luca Odevaine «nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni», Marco Aurelio Sinatra «nella qualità di sindaco del Comune di Vizzini». Castiglione, Ferrera, Aloisi, Ragusa, Odevaine e Sinatra sono coinvolti «tra l’altro» per l’«imputazione provvisoria» dei reati – continuati e in concorso fra di loro – di turbativa d’asta e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente della pubblica amministrazione. Perché «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso», tutte avvenute tra il 18 agosto 2011 e il settembre 2014, «in concorso tra di loro e nelle rispettive qualità», si rendevano responsabili di tre fatti specifici.

 

Prima «turbavano le gare d’appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo», poi «prorogavano reiteratamente l’affidamento» e infine «prevedevano condizioni di gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara del 2014». Secondo la Procura etnea in queste condotte ci sono «con collusioni e con altri mezzi fraudolenti», che consistono nel «ricorrere a numerose proroghe del primo contratto di affidamento» e nel «prevedere una disciplina dei requisiti speciali di partecipazione alla gara del 2014 idonea a consentire l’accesso alla procedura ad evidenza pubblica ad un numero ristrettissimo di operatori economici». Una mattinata di passione. Pm e Ros a Mineo ma anche a Catania e a Piazza Armerina. Con una contestualità, non casuale, rispetto alla raffica di altri arresti di “Mondo di Mezzo” parte seconda.

 

Non a caso, nel pieno di una mattinata di rumors e di notizie più o meno fondate su blitz e tintinnii di manette, la Procura di Catania ritiene utile uscire dall’equivoco e fare il punto della situazione. «Molteplici perquisizioni», ammette sono in corso nel Catanese in alcuni uffici, tra cui quelli del Consorzio “Sol. Calatino” (cooperativa nel raggruppamento che ha vinto l’appalto per la gestione triennali) e della Provincia regionale di Catania, effettuate «nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per l’affidamento dei servizi al Cara di Mineo». E rivela in parte anche il focus dell’indagine coordinata dal procuratore Giovanni Salvi, «finalizzata a verificare se gli appalti per la gestione del Cara siano stati strutturati dal soggetto attuatore al fine di favorire l’Ati condotta dalla cooperativa catanese Sisifo, così come emerso anche nelle indagini della Procura di Roma, con la quale è costante il coordinamento delle indagini».

 

Nessuna perquisizione, confermano i vertici della coop “rossa”, nella sede di piazza Roma 16 a Catania, presa in affitto («tramite agenzia immobiliare, a mia insaputa», ha sempre precisato il diretto interessato) in locali di proprietà dell’eurodeputato di Ncd, Giovanni La Via. Da Sisifo, inoltre, smentiscono la notifica di avvisi di garanzia. Ma le perquisizioni e gli avvisi ci sono stati. Per altri, altrove. A Mineo, soprattutto. Nell’ufficio e nell’abitazione del sindaco Aloisi, dove sono stati prelevati documenti, pc fissi e portatili, chiavette e una discreta mole di carte. Nel municipio menenino, un ex convento gesuita oggi ridipinto con un azzurro spagnoleggiante, è ospitata la sede del Consorzio “Calatino Terra d’Accoglienza”: perquisizione e avviso di garanzia al direttore generale Ferrera.

 

Altra tappa nell’ex cortile Palermo, la cui toponomastica è stata di recente pomposamente mutata in cortile della Cooperazione. È il piccolo regno delle coop locali, gestite dal dominus Paolo Ragusa: i carabinieri portano via carte e pc, lasciando l’avviso di garanzia. Nessun atto, ieri, ha riguardato il sindaco di Vizzini, Sinatra. E smentisce «qualsiasi perquisizione a Bronte e a Catania», così come «la notifica di alcun avviso di garanzia» anche l’indagato più importante, al netto dell’onnipresente Odevaine, ovvero il sottosegretario Castiglione. Che ribadisce «l’assoluta trasparenza degli atti di mia competenza, tutti sottoposti a pareri preventivi e verifiche successive», dicendosi come sempre «a disposizione per chiarire qualsiasi aspetto» oltre che «fiducioso nel lavoro della magistratura».

 

La perquisizione che lo riguarda in veste di ex soggetto attuatore del Cara, comunque, è quella avvenuta ieri negli uffici della Provincia. Al primo atto con esercizio di difesa – si apprende da fonti giudiziarie – riceverà anche l’informazione di garanzia ex articolo 369 del codice di procedura penale. Nel decreto di perquisizione si ripercorrono i quasi tre anni al centro dell’indagine. La prima tappa è il 18 agosto 2011, data della prima gara d’appalto indetta 13 giorni prima da Castiglione. Vince il consorzio di cooperative composto da La Cascina Global Service, Senis Hospes, Domus Caritatis e Croce Rossa. La commissione aggiudicatrice è composta da Odevaine, dal direttore Ferrera e da Ettore Di Salvo, dirigente della Provincia. Il 31 gennaio 2012 il presidente della Provincia bandisce una seconda gara: stessa commissione aggiudicatrice e stessa Ati vincente, deliberata il 3 febbraio. Qualche settimana prima, il 28 dicembre 2012, nasce intanto il consorzio dei comuni.

 

Ma la sostanza non cambia. E nemmeno la guida: Castiglione, soggetto attuatore uscente, viene chiamato a presiedere il Cda. Dentro il Consorzio entra Ferrara come direttore generale, nomina ritenuta «utile e indispensabile al fine di dare anche continuità dei fatti e della gestione». Curiosità inedita: al ruolo di direttore generale si candida ufficialmente, dopo la pubblicazione del bando, anche Odevaine, che poi si “accontenta” prima di un ruolo di consulente esterno e poi di dipendente part time. Arriva il momento di un nuovo appalto. Intanto, in attesa di una gara che arriverà con determina di Ferrera soltanto nell’estate 2014, l’affidamento dei servizi sarà rinnovato – scrive la Procura etnea – tre volte nel 2013 e quattro nel 2014, e «alla fine le proroghe saranno sette, con una spesa giornaliera di 34,60 euro per ciascun migrante».

 

Qui Castiglione non c’è più: è il sindaco Aloisi il nuovo presidente del consorzio dei comuni. L’appalto, quello ormai celerrimo da 100 milioni per tre anni, viene aggiudicato il 30 luglio 2014 a 29,80 euro pro capite al giorno, «con un ribasso – scrivono i pm – di appena l’1%», ma «nel frattempo il vecchio contratto di 34,60 euro risulta prorogato fino al 30 settembre» e «la pubblicazione degli esiti di gara solo l’1 settembre». La madre di tutte le gare, con Odevaine e Ferrera per la terza volta in commissione, stavolta assieme a Salvatore Lentini, capo dell’Utc di Vizzini. La stessa contestata dalla coop Cot Ristorazione di Palermo; la stessa definita «illegittima» dall’Autorità Anticorruzione (le argomentazioni di Raffaele Cantone sono ampiamente citate dai pm catanesi nel decreto); la stessa al centro delle due ordinanze di “Mafia Capitale”, che «disvelava l’enorme giro d’affari illeciti che orbita intorno alla gestione dei Cara», facendo emergere il «ruolo di Odevaine Luca come soggetto attivo nell’affidamento dei servizi per il Cara di Mineo» ma soprattutto «una serie di connivenze istituzionali e cartelli d’imprese che gestiscono il settore della immigrazione proprio attraverso la collaborazione criminale di Odevaine».

 

Il quale, annotano i magistrati catanesi, non è un marziano atterrato a Mineo, in quanto «siede al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale alla luce della sua carica di rappresentante dell’Unione delle Province Italiane» (nominato da Castiglione) ed «esperto del presidente del Cda del Consorzio “Calatino Terra d’Accoglienza”». Per questo le perquisizioni, primo momento “pubblico” dell’indagine (con relativi avvisi agli indagati) per acquisire le carte sui «reciproci rapporti tra gli stessi indagati e le diverse gare d’appalto». Ma l’urgenza della Procura di Catania è «acquisire l’evidenza di eventuali accordi criminali rivolti ad orientare l’affidamento delle gare a soggetti vicini agli interessi degli stessi indagati».

 

Documenti, hard disk, “chiavette”, e–mail: tutto quello portato via fra Mineo e Catania. Ma che è solo una parte della dépendance siciliana di “Mafia Capitale”. Come dimostrano, con la loro silenziosa stanchezza, i militari del Ros. Che lasciano piazza Buglio alle 19,15. Dopo quasi 12 ore e con una montagna di souvenir da Mineo.

twitter: @MarioBarresi

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: mondo di mezzo