la testimonianza
Antonio Vullo e quell’incubo senza fine: «Io, l’unico scampato alla mattanza di Via D’Amelio»
Le parole dell'agente della scorta di Paolo Borsellino che è salvato sol perché al momento dell'esplosione era ancora dentro l'auto blindata
Il ricordo di quegli attimi terribili, di quel boato spaventoso, l’immagine dei corpi smembrati e ridotti a brandelli dei suoi colleghi e di Paolo Borsellino continua a perseguitarlo. «Sono passati trent'anni ma quel 19 luglio per me continua a rivivere giorno dopo giorno, notte dopo notte. E’ una sofferenza che non avrà mai fine».
Antonio Vullo è l’unico agente di scorta sopravvissuto all’attentato di via D’Amelio, salvo per miracolo grazie al fatto che si trovava ancora all’interno dell’auto blindata quando i macellai di Cosa Nostra azionarono il telecomando.
«Dopo l’esplosione – racconta – sono riuscito a uscire dall’auto che stava prendendo fuoco. Ero stordito ma non potrò mai dimenticare quella scena. Ho visto brandelli di carne e un piede mozzato, ho capito dalla scarpa che era quello di Claudio Traina, il collega che fino a pochi istanti prima scherzava con me. Come si fa a dimenticare questo orrore?».
A tormentare Antonio Vullo, che come ogni 19 luglio anche oggi è tornato in via D’Amelio per rendere omaggio a Paolo Borsellino e ai cinque agenti di scorta massacrati dalla mafia, non è però solo il ricordo di quell'inferno ma anche il fatto che, a trent'anni di distanza, non sia ancora stata fatta piena luce sull'attentato. Come dimostra la recente sentenza del tribunale di Caltanissetta che ha assolto tre poliziotti (anche se per due di loro è scattata le prescrizione) dall’accusa di avere ordito quello che i giudici hanno definito «Il più colossale depistaggio nello storia della Repubblica». «Un depistaggio senza colpevoli – sottolinea Vullo – come si fa a non essere amareggiati?».
Vullo parla anche delle tante «zone d’ombra» sull'attentato: «I motivi che determinarono l’uccisione di Paolo Borsellino sono molteplici – afferma – ma io credo che uno dei misteri che andrebbero chiariti è sicuramente la scomparsa dell’agenda rossa sulla quale il giudice annotava tutto. Purtroppo credo che ormai sarà difficile ritrovarla ma la mia convinzione è che proprio quell'agenda costituisca il motivo principale della sua morte».
Depistaggi e misteri che hanno segnato le inchieste giudiziarie sulla strage di via D’Amelio. Antonio Vullo, che in questi anni ha incontrato gli studenti delle scuole di tutta Italia per raccontare cosa accadde quel maledetto 19 luglio, dice di non avere perso la fiducia nello Stato ma aggiunge: «Quando i ragazzi mi chiedono come mai non si sia ancora arrivati a una verità completa, rispondo che quando sono coinvolti esponenti delle istituzioni diventa tutto più difficile…»,COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA