Antimafia, la Procura di Catania apre inchiesta e il vicesindaco Consoli: «C’è un mandante»

Di Giuseppe Bonaccorsi / 17 Gennaio 2016

«E’ una vicenda attenzionata». Queste le uniche e scarne notizie che arrivano dalla Procura etnea in merito al clamore suscitato dalla relazione regionale Antimafia sulle presunte infiltrazioni in Consiglio e dalla recente divulgazione dei nomi degli otto consiglieri contenuti nel documento. Nessuna dichiarazione ufficiale, ma appare scontato, come era ovvio dopo la trasmissione degli atti alla Procura dall’Antimafia dell’Ars, che già la Procura ha aperto un fascicolo d’indagine sulla relazione.

 

Sul fronte politico non accenna a diminuire il tono dello scontro. Dopo le dichiarazioni del sindaco che due giorni fa ha chiesto alla «commissione nazionale Antimafia e alla magistratura inquirente di fare massima e piena luce», a intervenire con una lunga nota è stato il vicesindaco Marco Consoli. «Sono fiducioso nel fatto che l’Antimafia nazionale e la Procura saranno in grado di dimostrare che non vi è stata e non vi è alcuna infiltrazione mafiosa in seno al Consiglio. In questi giorni – ha proseguito il vicesindaco – mi ha procurato una profonda rabbia assistere al tentativo maldestro di colpire prima alla cieca e poi al cuore l’Istituzione Consiglio. Dubito che chi ha redatto quella lettera anonima sia stato attraversato dalla preoccupazione di infangare l’onore di persone estranee ai fatti contestati. Voglio pensare male, sapendo di non peccare! Non è che forse l’obiettivo era proprio quello di infangare la reputazione di alcuni avversari politici? Forse l’obiettivo era quello di arrivare allo scioglimento di un Consiglio non mafioso ma scomodo politicamente? Non vi nascondo che mi piacerebbe tantissimo conoscere, non chi ha scritto la lettera, ma il mandante. Sarà la Procura a ristabilire la verità. Non voglio e non posso però rimanere inerme innanzi al gioco perverso di chi vuol far cadere sotto i colpi dei “ professionisti dell’antimafia” alcuni consiglieri o loro congiunti, che in regolari processi sono stati prosciolti da ogni accusa».

Quindi il vicesindaco ha espresso solidarietà a un consigliere del suo stesso partito, il Megafono: «Esprimo solidarietà a Erika Marco che da oltre due anni è vittima di un’azione persecutoria volta ad infangare il suo onore e quello della sua famiglia. L’unica verità non contestabile è la profonda amicizia che la lega a Rosario Pantellaro, stimato funzionario della Multiservizi. Rosario con la sua caparbietà, con la sua voglia di riscatto e con tanti anni di duro lavoro, ha trovato la forza per affrancarsi da un ambiente difficile e tentatore. Storia diversa quella del fratello di Rosario, lui non ha avuto all’inizio lo stesso coraggio, ma alla fine ha capito cosa era giusto fare. Oggi lui ha scelto di collaborare con la giustizia».

 

Nel dibattito sul Consiglio è intervenuto anche il deputato nazionale Pd, Giuseppe Berretta: «Il quadro che emerge dalla relazione dell’Antimafia regionale è inquietante e sconfortante, soprattutto perché la sensazione è che ci sia un salto di qualità: che la criminalità organizzata non si rivolga più alla politica ma si faccia essa stessa politica, attraverso propri rappresentanti. Nel rispetto del ruolo che istituzionalmente le compete, la commissione ha fatto il proprio dovere e siamo certi che Antimafia nazionale e magistratura faranno altrettanto. Ma la politica, i partiti e in particolare il Pd, non devono ignorare o sottovalutare la grossa responsabilità che hanno, a partire dalla scelta dei candidati. Responsabilità politica ed etica pubblica prescindono dai fatti di reato, come più e più volte giustamente sottolineato dalla commissione regionale.

 

L’Amministrazione e il Pd devono quindi esprimere parole e compiere atti chiari, approfittando di questa vicenda per rilanciare un serio dibattito sullo sviluppo, sul lavoro e sulla crescita nella legalità. Per questo, credo che l’immediata convocazione di un Consiglio straordinario, di una Direzione prov. del Pd e di assemblee dei Circoli Pd siano indifferibili». A chiedere invece che la vicenda Catania non sia «l’occasione per dare luogo a strumentalizzazioni politiche» sono i senatori di Area popolare Ncd-Udc, Salvatore Torrisi e Giuseppe Pagano, componenti dell’Antimafia nazionale. «Piuttosto la relazione dell’Antimafia regionale deve portare tutte le forze politiche a riflettere sui meccanismi e i sistemi di selezione della classe dirigente. Dinanzi a questa relazione non dobbiamo cadere nell’errore di utilizzarla per fini politici ed elettorali ma come una sfida lanciata alla politica affinché affronti in maniera seria il tema dell’accesso e formazione di chi sarà deputato a governare. Spetterà all’autorità giudiziaria valutare se quanto riportato nella relazione risponde effettivamente a reato».

 

Parla di «Consiglio delegittimato» il consigliere comunale Niccolò Notarbartolo, del Pd che aggiunge: «di questo non possiamo fare altro che prenderne atto ed agire consequenzialmente. Ritengo necessario che si avvii una riflessione seria che deve coinvolgere tutti: partiti, soggetti istituzionali, corpi sociali e la società civile. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare le questioni relative alla vita democratica della città al netto di ipocriti calcoli elettorali. Questa città è stata per troppo tempo oppressa da una cappa di indifferenza e opacità. Mi auguro che tutti avremo la forza ed il coraggio di credere nella possibilità del cambiamento». Rifondazione, invece, col suo segretario regionale, Mimmo Cosentino stigmatizza che «la pubblicazione delle notizie riguardanti la vicinanza e il sostegno di gruppi mafiosi a consiglieri del Comune conferma i condizionamenti persistenti sulle attività e le scelte dell’amministrazione etnea». 

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: antimafia commissione antimafia infiltrazioni