Cronaca
Ambiente, è allarme per lo Ionio: nei suoi abissi un calore record
La parte profonda del Mar Ionio si è riscaldata più di altri mari accumulando, negli ultimi tre decenni, il doppio del calore rispetto alla media globale. Un fenomeno che può essere ricondotto a più cause, e che contribuisce a far luce su un elemento – i mari e più in generale gli oceani – di cui ancora sappiamo poco.
La scoperta si deve a uno studio su trent’anni di misurazioni e modelli numerici, condotto da scienziati italiani nell’ambito del progetto Ritmare. Descritto sulla rivista Scientific Reports, il fenomeno è legato all’aumento delle temperature medie nell’area, che si riflettono sul notevole aumento di temperatura e di salinità avvenuto nelle acque dense del Mediterraneo orientale provenienti sia dal bacino adriatico, sia da quello egeo.
Il dato particolare dello Ionio – spiegano gli scienziati dell’Enea, del Cnr e dell’università Cà Foscari – è però legato anche a fattori specifici. Complici sono la conformazione non uniforme dei fondali e la circolazione delle masse d’acqua, che si mescolano e convogliano con efficienza il calore verso profondità di 3-4000 mila metri, dove continua ad immagazzinarsi.
«Questo mescolamento di masse d’acqua negli abissi influenza anche la circolazione locale, e potrebbe essere uno dei fattori in grado di spiegare l’alternarsi di grandi cicloni ed anticicloni osservati alla superficie del Mar Ionio settentrionale negli ultimi decenni», afferma Angelo Rubino, professore di Oceanografia alla Cà Foscari e tra gli autori della ricerca.
Gli esperti, provenienti anche dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale e dalla Stazione zoologica Anton Dohrn, hanno preso in esame i dati raccolti in varie campagne oceanografiche da navi italiane e straniere per analizzare il calore contenuto nello Ionio, un parametro fondamentale per la comprensione del clima e delle sue variazioni. Variazioni nella quantità di energia immagazzinata dal sistema climatico, infatti, si riflettono sul calore contenuto negli oceani, un termometro dello stato del clima.
La scoperta è importante anche in ottica futura. Le misurazioni a chilometri di profondità sono possibili solo da pochi decenni. Mancano quindi informazioni sul passato, ma in futuro se ne raccoglieranno altre per avere un quadro più chiaro del fenomeno. «Magari stiamo scoprendo dei cicli che si ripetono, decennali o secolari, o delle tendenze. Il fascino – conclude Rubino – è anche capire come il sistema evolverà».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA