«Il caldo estremo legato alle emissioni di combustibili fossili aggrava la crisi idrica e incide sui raccolti dei prodotti alimentari simbolo dell’Italia». È quanto risulta da uno studio di World Weather Attribution secondo il quale i cambiamenti climatici causati dall’uomo hanno aumentato la probabilità che la siccità provochi carenze idriche e perdite agricole devastanti in Sardegna e Sicilia del 50%.
Lo studio avverte «che siccità simili peggioreranno con ogni frazione di grado di riscaldamento in più, evidenziando l’urgente necessità di ridurre le emissioni a zero. L’analisi ha rilevato che il calore persistente che fa evaporare l’acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici è alla base dell’aumento del rischio di siccità e che, senza gli effetti del riscaldamento causato dall’uomo, le siccità su entrambe le isole non sarebbero state classificate come «estreme». Secondo lo studio le isole italiane continueranno a sperimentare siccità più gravi con l’ulteriore riscaldamento indotto dai combustibili fossili, minacciando i raccolti di colture come il grano e le olive. «Una gestione efficace dell’acqua, quindi, sarà fondamentale negli anni futuri con scarse precipitazioni».
«La Sardegna e la Sicilia stanno diventando sempre più aride a causa dei cambiamenti climatici. Il caldo torrido e prolungato colpisce le isole con maggiore frequenza, facendo evaporare l’acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici. Per gli agricoltori e le città che hanno sopportato mesi di restrizioni idriche, questo studio è una conferma: il cambiamento climatico sta intensificando la siccità», afferma Mariam Zachariah, ricercatrice presso il Grantham Institute – Climate Change and the Environment, dell’Imperial College di Londra.
Tuttavia, in un mondo più freddo di 1,3°C, senza cambiamenti climatici causati principalmente dalla combustione di combustibili fossili, sarebbero state meno intense e classificate come siccità «gravi» anziché «estreme», secondo l’analisi. Se il mondo raggiungerà i 2°C di riscaldamento, cosa che potrebbe accadere già nel 2050, le siccità in Sardegna e Sicilia diventeranno ancora più intense e frequenti.
I risultati dello studio del World Weather Attribution «confermano la necessità di rimuovere molto rapidamente le cause del riscaldamento globale, in particolare l’uso dei combustibili fossili. In questo, i Paesi a maggior rischio devono fungere da esempio e stimolo, come accade per le piccole isole del Pacifico». E’ quanto scrive il Wwf in una nota commentando lo studio che evidenzia il rischio siccità in Italia con Sardegna e Sicilia in primo piano. Wwf ricorda che: «È urgente rendere operativo il Piano nazionale di Adattamento e darsi priorità d’azione e finanziamenti adeguati, altrimenti saremo condannati a far fronte di continuo a emergenze, con il rischio, già annunciato dal Ministro della Protezione Civile, che i cittadini non possano più godere di alcun aiuto in occasione di eventi estremi. È ormai reale il pericolo che il cambiamento climatico mini le basi stesse dell’economia e della competitività italiana, a cominciare dal turismo e dall’agricoltura».
«A partire dalla prossima legge finanziaria, quindi -conclude il Wwf- ci aspettiamo misure per finanziare un’economia a carbonio zero, capace di aiutare cittadini e imprese nel percorso della transizione energetica, insieme all’identificazione delle misure prioritarie e dei finanziamenti per attuare un serio piano di adattamento».
Le aziende petrolifere paghino per la crisi climatica. E’ la richiesta ribadita da Greenpeace in una nota
a commento dello studio del World Weather Attribution, sulla siccità in Sicilia e in Sardegna. «A pagare il prezzo della siccità estrema in Sardegna e in Sicilia – amplificata da un uso inefficiente delle risorse idriche e da infrastrutture inadeguate – sono le persone che subiscono razionamenti di acqua, gli ecosistemi naturali e persino interi settori produttivi come l’agricoltura e il turismo. Danni gravissimi di cui si dovrebbe invece chiedere conto alle aziende del petrolio e del gas, come Eni, che con le loro emissioni di gas serra sono i principali responsabili della crisi climatica», sostiene Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia.
«Gli sconvolgimenti climatici causati dalla nostra dipendenza da petrolio, gas e carbone sono destinati a peggiorare se non metteremo al più presto fine allo sfruttamento delle fonti fossili», si legge ancora nella nota che ricorda la produzione di gas nell’impianto Cassiopea a largo della Sicilia. «Al di là dei proclami, il governo non intende far nulla per le Regioni italiane più colpite dalla siccità e dagli altri eventi climatici estremi», sostiene ancora Greenpeace che ricorda la causa intentata contro il gruppo energetico.