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L'INCHIESTA

Aeroporto di Lampedusa, a una svolta il fascicolo sulle sospette pressioni di Enac

Sentiti testi, acquisiti atti. La lite Ast-Nautilus e la pista «molto palermitana» che porta altrove

Di Mario Barresi |

Una bomba a orologeria. Chiusa in un cassetto. Che, fra non molto, dovrà essere aperto. Mentre in tutt’altre stanze – quelle dei bottoni, dove si decidono i cartelli fra vettori in apparenza concorrenti e le privatizzazioni miliardarie delle società aeroportuali – si muovono le pedine del risiko di una “guerra dei cieli” tutta siciliana, alla Procura di Agrigento è in fase avanzata un fascicolo giudiziario sull’aeroporto di Lampedusa. Un’inchiesta che andrebbe ben oltre il piccolo scalo isolano, volando fino ai vertici nazionali dell’aviazione civile, con il coinvolgimento di dirigenti, manager e imprenditori.

In effetti la vicenda ha un prequel. Ovvero: il sequestro, nel maggio 2021, del deposito carburanti dell’aeroporto di Lampedusa, disposto dalla Procura e convalidato dal Gip, per «gravi violazioni delle norme tutela degli utenti dell'aeroporto, dei passeggeri aerei e degli stessi lavoratori della società che gestisce il deposito». Il provvedimento partì da un esposto di Ast Aeroservizi, società partecipata di Ast gestore dell’aeroporto di Lampedusa. Il deposito era gestito da Nautilus Aviation Spa, società palermitana «leader in Italia nella vendita di carburanti per le compagnie aeree, presente in oltre 2.300 aerostazioni in Europa». E l’innesco dell’indagine in corso ha gli stessi protagonisti, con in più l’ingombrante presenza di Enac.

Tutto parte da un ingarbugliato contenzioso proprio fra Ast Aeroservizi e Nautilus sulla gestione del deposito carburanti di Lampedusa. Con una data decisiva: il 15 aprile 2021. Quel giorno, dopo tormentate trattativa, deve essere firmato il cosiddetto “verbale di consistenza”. E cioè l’atto ufficiale nel quale Nautilus riconsegna il deposito ad Ast Aeroservizi. I vertici della società di gestione sono dal giorno prima a Lampedusa, ma il passaggio di consegne non avviene. In compenso, però, sul tavolo arriva una proposta di Enac. Nero su bianco: una sorta di “transazione tombale” con Nautilus (rinunciando alle rivendicazioni sui presunti disservizi), che resterebbe operativa a Lampedusa, «nelle more dell’individuazione» di un nuovo gestore del deposito carburanti, «alle medesime condizioni dell’attuale prestatore di servizio».

In poche parole: tutto deve restare com’è. E cioè secondo quanto stabilito nell’affidamento diretto di Enac a Nautilus, assegnato nelle more dell’aggiudicazione diretta della gestione dell’aeroporto di Lampedusa ad Ast Aeroservizi: appena 2.900 euro l’anno, costo in seguito salito a circa 30mila grazie alle royalties sul carburante. Un canone applicato su 500 metri quadrati, anziché sui circa 2mila effettivamente occupati. Per un giro d’affari stimato in 12 milioni di litri di carburante ogni anno. Di cui soltanto una minima parte venduta in aeroporto, perché i clienti sono soprattutto extra-aviazione, a partire dalla marineria di Lampedusa, in una condizione di mercato molto vantaggiosa.

Fondatore, proprietario e amministratore unico di Nautilus è Gianfranco Cusimano, fratello di Giulio, avvocato vittima del sistema Montante, quando Raffaele Lombardo lo piazzò proprio al vertice di Ast e lui resistette con coraggio anche a uno squallido dossieraggio sulle sue attitudini sessuali contribuendo a svenrare la scalata dell’ex leader di Confindustria Sicilia, che con la piccola Jonica Trasporti voleva impossessarsi dell’azienda regionale degli autobus. Giulio Cusumano, ex consigliere comunale a Palermo, lo scorso 23 maggio è finito ai domiciliari insieme al cantante Alessio Scarlata, accusato di truffa e falso in atti pubblici nel blitz “Cala il sipario”.

Quell’insolito verbale di accordo, comunque in seguito acquisito dai pm agrigentini, s’incrocia poi con un’altra prova. Un audio. Registrato col cellulare (e poi consegnato ai magistrati) da Gaetano Tafuri, all’epoca dei fatti presidente di Ast e amministratore unico di Ast Aeroservizi. «Sono sconvolto, stiamo andando dai carabinieri», è l’incipit della lunga registrazione che La Sicilia ha avuto modo di ascoltare. La trattativa si svolge senza Nautilus, perché «con vergognosa nonchalance se ne sono andati senza liberare l’area: una cosa di una gravità straordinaria», sbotta Tafuri. Che agli interlocutori di dell’ente nazionale dell’aviazione civile chiarisce subito la sua posizione: «Non firmo questo verbale. Se lo firmo finiamo tutti sui giornali…».

Ed è a questo punto che l’Enac fa sentire tutto il peso di chi ha il potere di assegnare (e revocare) le concessioni per la gestione degli aeroporti. «Avvieremo un procedimento di decadenza» è lo scenario che si prospetta per i “ribelli” di Ast Aeroservizi. Alla riunione, al telefono da Roma, partecipa Marco Di Giugno, dirigente Analisi giuridiche e Contenzioso di Enac. «Informerò il direttore generale Quaranta della situazione». Ma la controparte non molla. «È nella sua discrezionalità: l’accordo può firmarlo o non firmarlo…», è l’ultima proposta di Di Giugno, alla quale Tafuri risponde così: «Io perderò l’aeroporto, altri perderanno altro…».

Insomma, le parti sono molto distanti. E a questo punto interviene un altro rappresentante di Enac: Pier Paolo Bonfigilio, funzionario e ispettore aeroportuale. È lui che chiama Di Giugno (palermitano, docente a contratto alla Kore di Enna) al telefono per dirimere la questione, ed è sempre lui che prova a risolvere l’inghippo. Partendo da una necessità che accomuna Enac e Ast Aeroservizi: evitare che «s’interrompa il servizio carburanti» a Lampedusa. Il funzionario cita un riferimento normativo, «l’articolo 11 della legge 241», e propone «un punto di ripartenza». E cioè che «senza invocare accordi» (e dunque stracciando il verbale contestato da Ast) si possa arrivare a «gestire in continuità il servizio con un soggetto in possesso dei requisiti».

Ma il finale è sempre lo stesso, perché «il 15 aprile non troviamo nessuno» e dunque «l’unico soggetto ha un certo nome, una certa ragione sociale…». Cioè: Nautilus Aviation Spa.

Tafuri non ci sta: «Con chi pensate di avere a che fare? Mi ricattate di togliermi la concessione se non tengo Nautilus…». E rilancia sulle condizioni del deposito (oggetto di un sopralluogo, il giorno prima, dei tecnici Enac, con Ast tenuta fuori dalla porta) che poi sarebbe stato sequestrato: «Ci sono i tetti crollati, gli estintori scaduti… Abbiamo le fotografie inviate dai dipendenti stessi».

La trattativa s’interrompe. Ed Enac, come “promesso”, avvia la procedura di revoca della concessione dello scalo di Lampedusa. Una linea rivendicata nella nota dopo il sequestro del deposito, «in considerazione di reiterati inadempimenti da parte di Ast, rispetto a obblighi convenzionali con riflessi sulla sicurezza e sull’operatività e di altri rilievi già mossi alla società». E poi in un’audizione in commissione Trasporti all’Ars, quando proprio Di Giugno definisce «approssimativa» la gestione di Lampedusa e «insanabile» la frattura con Ast, tanto più dopo la querela a Tafuri per diffamazione. Ai deputati regionali il dirigente annuncia in pratica la revoca della concessione a meno che non ci saranno «atti di discontinuità». Ovvero: la cacciata di Tafuri.

Il presidente di Ast lascerà comunque a febbraio 2022; indagato a Palermo nell’inchiesta “Gomme lisce” e interdetto dalla carica. Ma è un’altra storia. Quella che invece sta ricostruendo il procuratore di Agrigento, Salvatore Vella, parte proprio dalle pressioni di Enac su Ast (che manterrà la concessione sullo scalo) per la gestione del deposito carburanti di Nautilus a Lampedusa. Ma, dopo numerosi testi sentiti e atti acquisiti, una delle piste porterebbe a ipotizzare che analoghe «anomalie» possano essersi ripetute anche in altri aeroporti d’Italia. In un sistema definito «molto palermitano» da fonti investigative.

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