MAFIA
Adrano, 4 indagati per l’omicidio Neri: la svolta nell’inchiesta impressa dai pentiti
“Pasta rattata” sarebbe stato ucciso perché vicino al boss Francesco Coco
«Uno degli autori dell’omicidio di Alfio Neri è Alessio Samperi del clan Santangelo». Il 23 agosto 2008 una donna telefona al 112 lasciando questo messaggio. Una telefonata anonima che diventa il pezzo del puzzle della lunga indagine della polizia sull’omicidio di Neri, detto pasta rattata, avvenuto il giorno di ferragosto di quindici anni fa a mezzogiorno. L’uomo è freddato in via Cattaneo ad Adrano.
Immediatamente gli investigatori, vista la ferocia dell’agguato – scrivono nell’informativa dell’epoca – comprendono che l’omicidio ha una matrice mafiosa. L’inchiesta prende immediatamente la giusta direzione ma sono troppo pochi gli elementi per portare alla sbarra mandanti e killer.
Il caso riaperto
Ma grazie alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia il caso è stato riaperto con l’iscrizione nel registro degli indagati di Antonino Bulla, Salvatore Crimi, Alessio Samperi e Gianni Santangelo, elementi di “rango” del clan Santangelo-Taccuni. Ai quattro indagati (tutti detenuti tranne Crimi che è ai domiciliari) è stato notificato la fissazione dell’udienza, nelle forme dell’incidente probatorio, per esaminare nella forma del contraddittorio tra le parti (accusa, difesa e parte civile) quattro pentiti. E precisamente Vincenzo Rosano, e i figli Valerio e Francesco (di cui non si sapeva ancora avesse fatto la stessa scelta di padre e fratello) e Giovanni La Rosa. I quattro – che il prossimo 29 marzo dopo un rinvio per un difetto di notifica saranno sentiti come imputati di procedimento commesso – sono ex gregari, anche di peso, nell’articolazione mafiosa di Adrano di Cosa nostra.
Alfio Neri sarebbe stato ucciso, come già emerso pochi giorni dopo l’agguato grazie alle indagini e alle intercettazioni, per essere un amico fraterno di Francesco Coco, all’epoca braccio operativo del clan Scalisi. I Santangelo vogliono – scrivono gli investigatori – «riottenere la supremazia territoriale persa negli anni Novanta nei confronti della cosca degli Scalisi». In atto c’è uno scontro «per il controllo delle estorsioni al mercato ortofrutticolo», si legge nell’informativa dell’epoca.
Le prime dichiarazioni
Uno dei primi a fare dichiarazioni sull’omicidio irrisolto è Giuseppe Liotta, vecchia guardia del clan Scalisi. In un verbale del 2015 indica Alessio Samperi come il killer di Pasta rattata. «La vittima faceva parte del gruppo di Francesco Coco ed è stato ucciso solo per questo motivo. Me lo ha riferito Giovanni La Rosa che lo sapeva in quanto appartenente al clan Santangelo», racconta ai pm.
Ma anche La Rosa non sarebbe un testimone diretto: a sua volta l’avrebbe saputo da Francesco Rosano: «Venne eseguito da Alessio Samperi, Tonino Bulla, Salvatore Crimi e Gianni Santangelo che erano a bordo di due scooter e lo hanno inseguito e gli hanno sparato pensavano fosse un guardaspalle e sodale di Francesco Coco». Francesco Rosano, nel 2022, racconta: «Ero a mare a Giarre quando seppi che era stato ucciso pasta rattata». A spedirlo fuori città sarebbe stato lo stesso padre Vincenzo che vuole tenerlo fuori dal delitto. I capi Alfio Santangelo e Nino Quaceci, infatti, gli avrebbero chiesto di far partecipare il figlio.
La vendetta
Rosano senior racconta che Neri sarebbe una vittima secondaria, visto che Coco non usciva di casa «si decise di porre in essere al vendetta nei confronti di pasta rattata». Il figlio Valerio però invece dichiara che «venne ucciso perché era stato visto più volte nella zona dei Santangelo e si pensava che spiasse le mosse dei componenti del clan».
Ma nei faldoni in mano alla Dda etnea c’è anche il verbale dell’albanese Damian Aidala che nel 2013 segue i Lo Cicero, referenti dei Mazzei ad Adrano, in Germania. E mentre è in terra tedesca «Christian Lo Cicero una sera mi raccontò che Samperi gli aveva detto di aver commesso l’omicidio di pasta rattata assieme al Crimi».
Il mosaico per far luce sul delitto si riempie di diversi tasselli.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA