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Adescavano minorenni sul web e facevano circolare le foto osé

Adescavano minorenni sul web e facevano circolare le foto osé

Operazione della Polizia Postale di Catania con venti persone indagate, tra cui ragazzini di 14 anni, e perquisizioni in sedici città. Inchiesta partita dalla denuncia a Meter sdei genitori di una sedicenne

Di Redazione |

Adescavano minorenni su Internet convincendole a realizzare immagini «intime» che poi era cedute ad altre persone con le quali erano collegate principalmente con la messaggistica di WhatsApp. La rete era collaudata ed estesa, tanto da coinvolgere 20 indagati residenti in 16 città italiane. Tra loro anche minorenni che hanno poco più di 14 anni e due maggiorenni con precedenti penali in materia di pornografia minorile. Il giro è stato scoperto dalla polizia postale di Catania che ha avviato le indagini dopo la denuncia dei genitori di una sedicenne, che in prima istanza si erano rivolti all’associazione Meter, che è stata anche minacciata e ricattata, ma che si è confidata con i suoi. Dopo l’esposto, le Procure Distrettuale e quella per i Minorenni di Catania hanno disposto perquisizioni domiciliari in 16 città, eseguite dalla polizia di Stato, nei confronti di 20 indagati per detenzione di immagini di pornografia minorile. Le indagini informatiche hanno consentito di ricostruire le chat e gli invii compiuti dalla minorenne, identificando tutti i richiedenti. Le città interessate dalle perquisizioni sono state: Catania, Siracusa, Ragusa, Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria, Potenza, Avellino, Roma, Reggio Emilia, Lucca, Milano, Torino, Cuneo, Treviso e Venezia. Durante l’operazione sono stati sequestrati smartphone, tablet e computer. Le prime attività svolte nel corso delle perquisizioni da parte del personale specializzato della polizia di Stato hanno confermato la detenzione delle immagini della sedicenne. Alcuni degli indagati avevano anche altre foto di minorenni, anche loro verosimilmente adescate on-line.

IL PM: I MONIRI NON SI RENDONO CONTO. «I ragazzi quando sono davanti ad un computer pensano di potere immettere in rete qualsiasi cosa, dagli insulti alle immagini delle proprie parti intime, non rendendosi conto che rischiano di incorrere in vari reati». Lo ha detto Caterina Aiello, magistrato della Procura per i minori di Catania, conversando con i giornalisti in merito all‘operazione «Sexting» di contrasto della pedopornografia portata a termine dalla Polizia postale in sedici città italiane. «L‘immissione di materiale di pedopornografia minorile – ha spiegato il magistrato – non è una condotta lecita e assume rilevanza penale. C‘è spesso il rischio di essere adescati da maggiorenni e di incentivare uno stuolo di pedofili che si aggirano nel web. Le immagini sono state addirittura utilizzate da uno degli indagati per ricattare la vittima, minacciandola di diffondere i video in siti di pornografia. Quando i minori iniziano questa attività per gioco non si rendono conto dei rischi infiniti ai quali si espongono».

DON DI NOTO: VIOLENZA IN RETE PEGGIORE DI QUELLA REALE. «La violenza in rete è peggio di quella reale, devastante e non risparmia nessuno, soprattutto i bambini fin dalla tenera età». Lo afferma don Fortunato Di Noto, presidente e fondatore di Meter, l’associazione alla quale si sono rivolti i genitori della sedicenne dalle cui denunce è stata avviata l’operazione «Sexting» della polizia di Stato. «Queste sono le nuove forme di schiavitù e di sfruttamento sessuale sui minorenni – aggiunge il sacerdote – ma molti sono convinti che la parola virtuale non faccia male. Invece la violenza online esiste e può essere più dolorosa e dannosa di quella fisica, reale. I fatti di oggi lo dimostrano. Ma, quando lo capiranno tutti quelli che spesso parlano senza rendersi conto dei rischi del Web? Dall’operazione Sexting emerge il mondo invasivo e pericolosissimo della pedopornografia e delle nuove forme di schiavitù a cui i minori sono soggetti e “schiavi”, che esistono anche perché ci sono gli “schiavist”».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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