Cronaca
Abuso d’ufficio e falso, ma Valeria Sudano è stata “stralciata” dall’indagine su Sammartino: ecco perché
CATANIA – Non soltanto favori in cambio di voti. Nell’inchiesta su Luca Sammartino, oltre alla corruzione elettorale contestata ai 13 indagati, c’è dell’altro. A Catania, infatti, il fascicolo originario si chiamava “Sammartino + 13”. Chi è il quattordicesimo coinvolto? Dall’informativa della Digos etnea spunta una doppia ipotesi di reato – abuso d’ufficio e falso materiale – attribuita al deputato regionale in concorso con Valeria Sudano, senatrice di Italia Viva. Il fatto risale ad aprile 2015: entrambi erano all’Ars, appena accolti nel gruppo del Pd dopo lo scioglimento di Articolo 4. Sudano «apponeva una firma a nome di Sammartino che nel frattempo si trovava fuori dal territorio nazionale, attestandone falsamente la presenza al solo scopo di garantirgli gli emolumenti del c.d. gettone di presenza in occasione di una riunione della Commissione all’Ars, con la compiacenza di Sammartino». Così la Digos nella relazione dello scorso 22 febbraio.
Eppure, il 7 novembre, il pm Fabio Saponara (titolare dell’indagine con l’aggiunto Agata Santonocito) dispone lo stralcio di Sudano «inserendo nel nuovo fascicolo copia informatica degli atti del procedimento».
Da dove si parte? Come in tutti i reati contestati a Sammartino e agli altri 12, dal contenuto dello smartphone del politico, sequestrato nel corso di una precedente inchiesta (quella sui voti sospetti in una casa di riposo di Sant’Agata li Battiati alle Regionali 2017) in cui la sua posizione è stata archiviata. Una delle migliaia di chat spulciate dagli investigatori è fra i due renziani, che comunicano su WhatsApp. Ed è del 17 aprile 2015.
Sammartino: Dove sei?
Sudano: Ok, ora sono passata in V (commissione dell’Ars, ndr), mangio un panino e ritorno
Sudano: Ho firmato ora x te, così non perdi i soldoni
Sammartino: Mi hai sostituito in comm?
Sudano: Si
Sammartino: Mettetemi in congedo solo quando è necessario
Sammartino: Grazie cara
Sudano: Niente tesoro…
La Digos ricostruisce che in quei giorni Sammartino si trova in Brasile. Oltre agli operativi dei voli, nell’informativa anche alcuni sms inviati dall’indagato a colleghi del Pd. «Non mi hai risp… e io che ti penso dal Brasile… baci», scrive ad Antonello Cracolici; «Saluti dal Brasile… Ti pensavo caro amico mio», il testo del messaggio a Fausto Raciti.
Ma, al di là delle note social di colore, l’indagine si concentra sulla seduta della commissione Cultura, formazione e lavoro (della quale Sammartino diventerà presidente nella legislatura in corso) e sull’ipotesi di falso che «sebbene potrebbe ritenersi di lieve valore, è assai rilevante in relazione alle figure istituzionali che lo hanno realizzato».
La polizia, il 14 agosto scorso, chiede una relazione all’Ars. Che risponde, con una nota a firma del segretario generale Fabrizio Scimè, un mese dopo. Confermando l’assenza di Sammartino, in aula e nelle commissioni, dal 14 al 30 aprile 2015. Ma, regolamento di Palazzo dei Normanni alla mano, smonta di fatto l’accusa. «Indipendentemente dalla presenza o meno dell’on. Sammartino ai lavori d’Aula o delle Commissioni», infatti, non è previsto alcun gettone di presenza. E sulla seduta “incriminata” il deputato «assente, risulta sostituito» dalla collega Sudano, che «ha apposto la propria firma, corredata di apposita annotazione, nel foglio di presenza della seduta». Il tutto nel rispetto «del comma 3 dell’articolo 62 ter del regolamento interno dell’Ars».
Per questo motivo lo stralcio disposto dal pm fa pensare a un’archiviazione di Sudano per le ipotesi di abuso d’ufficio e falso materiale, al netto della possibile trasmissione degli atti a Palermo, sede dell’Ars, per competenza territoriale.
La senatrice renziana viene inoltre citata come beneficiaria finale in cinque degli 11 casi di corruzione elettorale addebitati a Sammartino. Ma non è fra gli indagati per queste ipotesi. E, fino a venerdì scorso, secondo le verifiche de La Sicilia, alla giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama non risulta alcuna trasmissione di atti né invio di richieste da parte della Procura di Catania.
Twitter: @MarioBarresi
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