CATANIA – «Se la magistratura penale e quella amministrativa si muovono, anche la politica deve fare la propria parte, non può privilegiare gli interessi privati e restare indifferente, assieme alla burocrazia, di fronte ai diritti e alle esigenze della comunità viste spesso con fastidio e sufficienza. E la Regione, alla luce delle indagini della Procura di Palermo sul nodo rifiuti e finalmente promotrice di una verifica interna sulle autorizzazioni concesse alla più grande discarica della Sicilia orientale, non può restare ulteriormente inerte di fronte alle prescrizioni della recente ordinanza del Tar e alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza di condanna del luglio scorso nel processo “Terra mia” per corruzione, anche se si tratta di un primo grado di giudizio; fatti di grave valenza morale oltre che penale, che gettano ombre oggettive sui procedimenti autorizzativi adottati in presenza di tangenti. Ed emerge anche inequivocabilmente la paura delle iniziative dei cittadini e delle associazioni».
In contemporanea con il governatore Nello Musumeci, che ha rotto il silenzio sugli sviluppi della complessa vicenda Oikos e in generale sul nodo rifiuti, a Catania sono scese nuovamente in campo a dar voce alle popolazioni interessate le organizzazioni ambientaliste.
I rappresentanti del Comitato No Discarica di Misterbianco e Motta S. Anastasia (Massimo La Piana, Danilo Festa, Maria Caruso e Santo Gulisano) e delle associazioni Zero Waste Sicilia (Anna Bonforte) e Legambiente (Viola Sorbello), coi legali Corrado Giuliano e Goffredo D’Antona, hanno illustrato l’esito ancora aperto dell’ordinanza del Tar dell’11 dicembre – a seguito del ricorso congiunto contro il rinnovo dell’Aia del 9 agosto – con cui è stata disposta una doppia verifica, procedimentale e sanitaria, quest’ultima a cura dell’Istituto Superiore di Sanità. «L’ordinanza del Tar dà ragione alle nostre contestazioni e riapre la partita – hanno detto gli ambientalisti coi loro legali – con verifiche obbligatorie e possibili consulenze di parte. E le indagini della Procura di Catania, dopo i nostri esposti sulle reiterate ordinanze emergenziali di Crocetta, inducono a mettere la parola fine. Lo Stato può rivedere gli atti degli Enti locali e annullarli in via straordinaria; e noi chiediamo che il presidente Musumeci, in nome della legalità e trasparenza, ritiri al più presto in autotutela il decreto di rinnovo dell’autorizzazione, in presenza di atti nulli più che illegittimi, risparmiando ulteriori tempi e passaggi giudiziari».
Le iniziative della documentatissima “cordata” associativa cominciano a incidere. «Altro che ignoranza giuridica e speculazioni ideologiche o politiche – ribadiscono dal Comitato – Ci battiamo da dieci anni per la vivibilità del nostro territorio, non solo con i “no” ma anche con proposte, dossier tecnici e scientifici e iniziative di sensibilizzazione. Continueremo a farlo, su tutti i fronti, fino a quando non avremo giustizia». Senza sedi né mezzi, ma irriducibili come l’acqua che scava la roccia.