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Il diario
A bordo del Sicilia Express con la meglio gioventù tra paure, speranze e l’orgoglio degli “arrinisciuti”: ecco com’è andata
Da Torino il lungo tragitto dei 500 che hanno preso il biglietto low cost. L'intrattenimento con degustazioni, party vintage, comici e influencer. Ma soprattutto tante vite che scorrono
Si parte con sei minuti di ritardo. Ma, essendoci dentro più di mezzo migliaio di siciliani (anche se taluni ormai abituati alla famigerata efficienza nordica), è come se il treno fosse puntualissimo.Qui dentro c’è di tutto. C’è la voglia matta di tornare a casa e la nostalgia preventiva di quando si dovrà ritornare; la speranza di costruirsi un futuro a misura dei propri sogni e la paura di non farcela; l’orgoglio di essere arrinisciuti” e l’amarezza di fare un lavoro misero in un posto freddo e nebbioso; gli studenti figli di papà in cerca di «un viaggio esperienziale» e i fuorisede che altrimenti avrebbero trascorso il Natale lontano dalle famiglie; c’è il cazzeggio, fra musica, degustazioni, tombola e party a tema vintage; c’è la solitudine.
La meglio gioventù
E c’è la gioventù, la nostra meglio gioventù. Ma non c’è il wi-fi.Eccoci davanti alle 14 carrozze gialloblù del Sicilia Express, talmente lungo, circa 500 metri, che già da fermo – alla stazione di Porta Nuova – alla fine fa una curva sul binario. Ed è la risposta a uno dei tamponi della Regione sulla ferita aperta del caro-voli. In tutto 540 posti, esauriti subito dopo la messa in vendita online, riservati ai siciliani che studiano e lavorano al Nord: tariffe “low cost” (29,90 euro per il posto a sedere, il massimo è 129,90 per la cuccetta singola) per un viaggio di 1.500 chilometri, che, per chi parte da Torino, durerà 22 ore.
La valigia piena di scacce
Quando il cronista è appena riuscito a trovare il binario giusto, spunta la troupe di una tv piemontese. «Come ci si sente a tornare a casa?», la domanda incalzante. Vaglielo a spiegare, alla collega, che hai preso un volo Catania-Torino in mattinata per salire su quel treno che fra i media locali suscita una morbosa curiosità zoologica. E però il tragitto aereo “in controsenso” è già servito per inquadrare la questione da un’altra angolatura. Sul Fontanarossa-Caselle (costo: 31 euro, comprato un paio di giorni fa) l’età media dei passeggeri è piuttosto alta; molti sono anziani, bisognosi di assistenza, che viaggiano da soli. L’arcano lo svela Angela, arzilla ragusana vicina di posto: «Mio figlio ha moglie e tre bambini piccoli a Biella. Per quello che gli costa scendere per le feste, ha preferito fare il biglietto a me, che sono vedova, e farmi salire. Certo, non sarà la stessa cosa – e le si rabbuiano gli occhietti verdi – ma io ho imbarcato una valigia piena piena di scacce…». Una fila dietro di lei annuisce un anziano signore di Siculiana. «Io, per essere, qui stamattina mi sono alzato alle cinque, ma è l’unico modo per rivedere i miei figli. Quelli non vogliono scendere più!».
C’è anche chi non parte
Torniamo sui binari. Alla partenza c’è anche chi non deve partire. «Noi siamo dei veterani di questo treno: l’abbiamo fatto per trent’anni, ma quest’anno non torniamo», dice triste Davide Rosario, insegnante d’asilo, in compagnia della madre Aurora, vedova di un emigrato di Camporeale, una vita da operaio a Torino. E allora sono qui per vedere l’effetto che fa. «Questo treno è l’elogio della lentezza, che te ne frega se ci sta più tempo, se lo passi bene». Ci interrompe una distinta signora sulla sessantina. «Nemmeno io sono riuscita a comprare il biglietto. Ma sa se la Regione lo rifarà anche in estate? Lei lo sa? Lei lo sa? Lei lo sa?». Anche a saperlo, non gliel’avremmo detto, vista la petulante insistenza. Il governatore Renato Schifani vuole riproporre l’iniziativa, magari con un doppio treno, già a Pasqua.
A bordo
Si sale a bordo. Ad accoglierci ci sono dei tipi vestiti come in uno spot di Dolce&Gabbana: camicia bianca, pantalone e gilet neri con bande rosse. Si tratta del personale di Treni Turistici Italiani, società del gruppo Fs, che fornisce il servizio alla Regione. Il convoglio è pulito, i vagoni sono un po’ vintage e quasi tutti a sei posti. Chi parte a pieno carico soffre, ma c’è chi ha prenotato l’intero spazio per quattro e, a turno, può stendere le gambe. E chi ha la fortuna (e i soldi) di avere la cuccetta trova anche un cuscinetto a cuoricini firmato da Alessandro Enriquez, stilista siciliano trapiantato a Milano da vent’anni, come tutta l’immagine del Sicilia Express. ≪Io racconto l’amore che cambia in ogni stagione, vesto d’amore ogni cosa. Mi hanno chiesto di farlo con questo treno ed è stata una cosa entusiasmante».
La prima fermata
Alle 16,11 la prima fermata: Novara. Salgono in due. Appena ripartiti nei vagoni risuona una voce familiare. ≪Sintìti, sintìti…». Dagli altoparlanti l’attore palermitano Salvo Piparo racconta una storia. ≪Più che un viaggio è una crociera», scandisce mentre dal finestrino scorre il panorama delle campagne padane. Poi, dopo aver evocato «il Treno del Sole», una citazione: «Ulisse, Ulissuccio: arricampati, a te aspettiamo…». C’è il tempo per conoscere i vicini di viaggio. Gianluca e Giulia: messinese lui; lei è di Aosta, dove vivono e lavorano. «Io nella cultura, lei nella sanità», specifica il giovane. E ammette che «se avessimo saputo dello sconto del 50 per cento, forse saremmo tornati in aereo». Ma come si sente una valdostana su quello che è stato definito «un carro bestiame»? «Guardi che la situazione dei treni è pessima anche da noi: per arrivare a Torino abbiamo preso un bus più un locale e ci abbiamo impiegato tre ore e mezza». Quasi quanto sui binari fra Catania e Palermo.
Il viaggio tra masterclass, blogger e influencer
A Porta Garibaldi (sono le 16,57) salgono davvero in tanti: circa 200. E alcuni sono siciliani ormai contagiati dal “fighettismo” milanese. Lo noti dall’outfit, come lo chiamano loro, ma anche dall’approccio a questo viaggio. «Per i miei non sarebbe stato un problema pagarmi l’aereo, ma assieme a due amiche – racconta Federica, palermitana, ≪ma di Palermo ciaentro», specifica – abbiamo deciso di prendere questo treno: c’è l’open bar, la musica. Insomma, amo, è tutto così instagrammabile…». Poco dopo, arriverà la parte più gradita da Federica e dalle sue amiche: il programma di intrattenimento. Dalle 17,30 – quando nella pianura padana parte una “masterclass” gratuita: degustazione guidata di cinque vini Pellegrino. Poi la cena e infine un party a tema new vintage, fino a mezzanotte, ≪un tuffo nei mitici anni 60 e ’70». Ma qui non ci sono valigie di cartone, né sessantottini fieri delle loro idee. C’è Claudio Casisa, comico ex “Soldi Sppicci” che furoreggia, c’è la tombola, ci sono gli influencer (Virginia Visari, Rachele Santoro e Bendetto Patellaro) e i blogger Ignazio e Ilenia che spopolano con “Il mio viaggio”. E non capisci il senso della loro presenza, finché non parli con i giovani passeggeri: nove su dieci ti raccontano di aver saputo di Sicilia Express ≪dalle storie sui social».
I costi
A proposito: quant’è costata l’iniziativa, compresa l’“animazione”, alla Regione? Mentre il capotreno spiega che l’improvvisa sosta (alle 15,48 siamo nel buio pesto di «Davazzano»: ma dov’è Davazzano, che non si trova nemmeno su Google?) è dovuta ≪alla necessità di aspettare l’allineamento di altri treni, ma siamo in anticipo», proviamo a chiedere la cifra a chi di dovere. Risposta: «Meno di qualche sagra: per andata e ritorno abbiamo speso 139mila per il treno e 37mila per la comunicazione», scandisce Alessandro Aricò. Al telefono da Palermo, l’assessore alle Infrastrutture rivendica che ≪questo non è il treno dei siciliani sfigati, ma è un treno toco (figo, tradotto dallo slang palermitano, ndr) e se avessimo avuto vent’anni anche noi avremmo voluto salirci su». Aricò va oltre l’antropologia giovanile, rimarcando che «al di là di tutto ci sono più di 500 persone che, oltre a riabbracciare i loro cari, passeranno le feste in Sicilia, dove spenderanno soldi che altrimenti sarebbero rimasti altrove». E sottolinea «il grande fiuto che ha avuto il presidente Schifani sul Sicilia Express e su tutta la politica contro il caro-voli».
L’esperienza
Saranno gli utenti a giudicare. Antonino e Alessia, entrambi di Santo Stefano di Camastra, sono entusiasti: «Non è un viaggio normale, è un’esperienza. E poi conviene: fino a una settimana prima di trovare i posti eravamo rassegnati a passare le feste da soli. E invece eccoci qui». Più pragmatico il punto di vista di Mirko e Susanna, palermitani, lui cuoco e lei bidella. «Abbiamo preso il biglietto da 29 euro perché non potevamo permetterci altri mezzi: gli aerei erano a 500 euro, il Flexibus a 400 euro. A noi non interessa l’intrattenimento: questo è l’unico modo per tornare a casa», racconta lui. E lei sentenzia: «Il viaggio è lungo, perderemo un giorno in più dentro il treno. Ma quanti soldi risparmiati per poter stare in famiglia». Fino a capodanno, quando rientreranno in aereo, «l’unico giorno con prezzi umani».Anche a Bologna (arriviamo alle 20,27) c’è un certo afflusso, più delle precedenti fermate di Parma e Modena. Con Alessandro, trapanese che studia al Dams «dopo aver fatto lo sguattero a Londra», il discorso si fa più filosofico. «Il siciliano, ormai, è un partente per forza. Poi puoi essere partente vincente o partente perdente. C’è chi non vorrebbe mai più tornare e chi non vede l’ora di farlo. Ma tutti hanno lo stesso problema: il costo. Questo treno è utile, ma non basta. Ci vuole di più, molto di più».La carrozza ristorante è già piena. «E fra un po’ comincia la tombola», annuncia un influencer. Poi la musica col karaoke di Beatrice Quinta e Deborah Iurato. Ma in treno c’è già chi ha anche altri programmi. «Dopo la festa venite da noi?», l’invito di Salvo, studente catanese, alle ragazze della carrozza numero 9. «≪Beviamo qualcosa e giochiamo con le carte siciliane. A scopone…». Loro non sembrano convinte..Ma la notte è ancora lunga. Si arriva Firenze alle 22, poi Arezzo e Roma, fino a Salerno ultima fermata. Lo Stretto è lontano: arrivo previsto alle 7,12 (aggiornamento: stamattina l’arrivo alle 7,45). Il treno quindi si sdoppia: dalla carrozza 1 alla 6 verso Palermo, le 7-12 a Siracusa via Catania. E il Ponte? ≪Minchia, ma che pititto di arancino che ho…», sussurra Paolo, operaio etneo appena licenziato da un’azienda tessile di Prato, pregustando il traghetto. Che saprà già di casa. Di Natale.