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“Viaggio” nella terapia intensiva del Covid Hospital di Acireale

Di Angela Seminara |

ACIREALE – Stabili le condizioni dei 26 pazienti ricoverati nel reparti di terapia intensiva e semi intensiva del Covid Hospital a guida dal primario dell’Unita Operativa di Anestesia e Rianiamazione, dott. Giuseppe Rapisarda, al quale abbiamo rivolto alcune domande.

– Lei è già stato in prima linea contro il Covid nella prima ondata, con numeri inferiori. Che cosa è cambiato in questa seconda ondata?

«Rispetto all’inizio della pandemia, l’età media dei contagiati sintomatici e non, si è abbassata di circa 20 anni. In questa seconda ondata si è notato come le persone contagiate presentino una maggiore quantità di virus nelle vie respiratorie superiori e, con molta probabilità sono più contagiose».

– Non esiste una cura per il covid e l’Iss ha vietato l’utilizzo di alcuni farmaci. Molti medici lo considerano un errore. L’uso esclusivo di eparina e cortisone oltre all’ossigeno, sono sufficienti?

«I farmaci tocilizumab, azitromicina, idrossiclorochina, tanto usati nella prima fase della pandemia, adesso non sono più utilizzati. Trattandosi di un virus sconosciuto, non si avevano farmaci di provata efficacia, pertanto era stato deciso di ripiegare su questi farmaci che sembrava avessero la capacità di inibire la replicazione del virus, o agire sui mediatori della flogosi, ma tutto in via sperimentale. Gli studi randomizzati hanno dimostrato che tali farmaci non hanno apportato alcun beneficio nei pazienti trattati né in termini di aggravamento delle condizioni, né in riduzione della mortalità e quindi se n’è sconsigliato l’utilizzo. Ad oggi cortisone, eparina e ossigeno sono gli unici farmaci che gli studi hanno dimostrato essere in grado di ridurre la mortalità».

– L’ospedale acese per metà è Covid hospital, oltre alla terapia intensiva c’è anche la semi intensiva. Qual è la situazione oggi nel suo reparto?

«Nella prima ondata dirigevo solamente otto posti di terapia intensiva, con la trasformazione in Covid Hospital i posti da me diretti sono 26, 18 di semintensiva ed 8 d’intensiva a cui si aggiungeranno a breve altri 4 posti, tutti ad alta intensità di cure per malati Covid. Ora nella terapia intensiva sono ricoverati 8 pazienti di cui 6 intubati. In semintensiva invece sono ricoverati 18 pazienti tutti ventilati con caschi e maschere da Cpap. Ognuno di loro affronta la malattia in maniera diversa. Non tutti sono in grado di gestire lo stress psicologico e la paura. La difficoltà nella respirazione gioca un ruolo fondamentale, ogni minima azione crea affanno e pertanto fa sentire impotenti. Un plauso va a tutto il mio personale, medici infermieri e Oss, che con grande spirito di sacrificio e senso di responsabilità hanno rinunciato a recuperi per assistere gli ammalati, sobbarcandosi doppi turni».

– In questa seconda ondata, spesso il paziente si riammala.

«Rispetto alla prima ondata è sempre più facile che avvengano delle ricadute: pazienti che sembrano migliorati, anche radiograficamente, improvvisamente ricominciano a desaturare. Basta un niente che il sottile equilibrio s’interrompa, aumentano i rischi di complicanze e i tempi di guarigione si allungano».

– Molti continuano a negare l’esistenza del virus e non rispettano le regole, servono restrizioni più drastiche?

«Il negazionismo è un meccanismo di difesa dettato dalla paura. Nei fatti però nega l’esistenza di un virus che sta mettendo in ginocchio il sistema sanitario mondiale; nega le migliaia di morti e i sacrifici che tutti stiamo affrontando. L’appello che rivolgo è a un maggior senso di responsabilità. Le misure adottate dal governo sono valide. Per saggiare la loro efficacia però, dovremo aspettare ancora qualche settimana. Non credo siano necessarie misure più restrittive se tutti ci comportiamo con responsabilità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA