Professore «Bruno Cacopardo lei ha chiesto ed ottenuto di poter tornare col suo reparto ad occuparsi di malattie infettive extra Covid. Perché?
«Per il semplice fatto che, al momento, le emergenze sono molto diminuite e i malati Covid gravano molto meno sui pronto soccorso e sui reparti. Noi abbiamo deciso di ridurre sino a 46 posti letto la disponibilità ospedaliera per il Covid e gli attuali dieci pazienti ricoverati sono assistiti alla palazzina Signorelli del Garibaldi centro dove io collaboro qualora ci fosse bisogno di un mio supporto. Di contro il mio reparto è tornato a pieno ritmo ad occuparsi di malattie infettive che in oltre un anno e mezzo sono state purtroppo trascurate».
Con risultati gravi per i malati di altre patologie?
«Siamo tornati ad occuparci delle infezioni da interventi, al controllo della medicina Usmaf di confine, sopratutto per il monitoraggio delle tubercolosi. In effetti devo riconoscere che la frenesia, giustificata, della gestione del Covid ha reso complicate e difficili alcune malattie che prima erano curabili con una certa facilità grazie a punti di riferimento ospedalieri. Mi riferisco in particolare alle tubercolosi, una malattia presente sul territorio che coinvolge sia la popolazione autoctona che popolazioni migranti. E’ una malattia che necessità di cure prolungate che purtroppo non abbiamo potuto offrire con periodicità in questo lungo periodo».
Si vocifera a Catania che un paziente tubercolotico a causa di questa assenza di assistenza sarebbe deceduto. E’ una notizia che ha una parvenza di verità?
«L’ho sentita anch’io. Ho fatto le mie ricerche e non hanno sortito alcun risultato. Ritengo che sia una bufala».
Dobbiamo dedurre che il Covid batta ormai in ritirata?
«Questa estate probabilmente assisteremo a una replica dello scorso anno. La malattia registrerà dati di incidenza progressivamente sempre più bassi fino al quasi totale spegnimento. L’anno scorso siamo arrivati ad agosto ad avere poche decine di casi in Italia e zero decessi. Quello che è assolutamente importante è capire cosa accadrà in autunno quando si porranno le condizioni per un possibile ritorno di una nuova ondata da Covid. Se avremo fatto bene il nostro dovere con la vaccinazione allora avremo una minore incidenza delle infezioni e soprattutto non avremo una alta incidenza dei casi gravi. Quello che mancherà in autunno sarà la pressione sul sistema sanitario perché la maggior parte delle patologie sarà estremamente lieve o impercettibile grazie alla vaccinazione che stiamo portando avanti. Infatti l’obiettivo principale del vaccino non sarà quello di impedire al virus di circolare, ma di ridurre il virus nei soggetti vaccinati a una patologie pressoché innocua».
Lei però saprà che nella nostra provincia ci sono ancora oltre centomila fragili e over 7 0 e 80 non vaccinati…
«E questo è un problema. La mancata effettuazione della corretta vaccinazione potrebbe portare in autunno al ritorno di una circolazione attiva, patogena e virulenta del virus. Quindi dobbiamo sbrigarci e chiudere la partita entro l’estate».
Dobbiamo temere qualche variante?
«Non credo che la circolazione di varianti potrà riprodurre una malattia che si chiama back true (che passa attraverso) e che produce una nuova malattia. Sarei portato ad escludere che una variante possa penetrare il vaccino e renderlo ininfluente».
Lei due mesi fa ha presentato un protocollo clinico all’Aifa per tornare ad utilizzare l’Ivermectina. Ha avuto risposte?
«Non ne parliamo…Forse di questo passo passerò il protocollo ai miei nipoti…Hanno richiesto una serie di procedure aggiuntive tali da sfiancare qualunque ricercatore o scienziato che abbia la volontà di presentare un progetto. La verità è che farmaci che hanno il supporto di grandi case farmaceutiche riescono ad ottenere risultati, ma chi non ha nessuno dietro le spalle finisce nelle sabbie mobili della burocrazia. Ma in tutto il mondo le ricerche sull’Ivermectina stanno ottenendo risultati sorprendenti. Io, comunque, in un caso ho violato le procedure. Poco tempo fa abbiamo avuto in reparto una paziente giovane di Bronte, molto grave e prossima alla rianimazione. Su questa malata non ha funzionato nulla: l’ossigeno, il Rendesivir, le altre terapie. Ad un certo punto noi medici c siamo guardati negli occhi e abbiamo deciso di somministarle l’Ivermectina per cinque giorni. La donna oggi è perfettamente ristabilita e sta per essere dimessa».
Ma avete violato una disposizione…
«Noi abbiamo salvato un’altra vita. Questa è la cosa più importante…».