Un anno di coronavirus in Sicilia: dal paziente 1 alla speranza vaccini

Di Redazione / 24 Febbraio 2021

PALERMO – «Un anno fa la Sicilia registrava il primo contagio da Coronavirus: scattava l’allarme, sembrava una vicenda limitata nel tempo e, invece, è iniziato un lungo calvario, che ha segnato tappe dolorose, ma anche di rivincita e di riscossa. Abbiamo pianto oltre 4mila morti. Non siamo stati fra i peggiori in Italia, attraverso la prudenza abbiamo avviato un Piano improntato certamente al rigore, abbiamo avuto tante perdite in termini economici e imprenditoriali». Con queste parole  il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, stamani ha inaugurato il primo Centro vaccinale anti Covid in Sicilia.

Realizzato dalla Protezione civile regionale, si trova all’interno del padiglione 20 della Fiera del Mediterraneo, a Palermo. «Però oggi possiamo dire che dal punto di vista logistico e organizzativo siamo pronti, l’Isola è all’avanguardia – ha spiegato -. Confidiamo che, nelle prossime settimane, questa macchina così ben organizzata, in tutte le città capoluogo, possa consentire di immunizzare la comunità siciliana. E questa l’unica strada per uscire fuori dal tunnel e abbandonare questa vicenda dolorosa».

Una vicenda che come ha ricordato Musumeci in Sicilia è cominciata esattamente un anno fa. Era il 25 febbraio 2020 quando una turista bergamasca in visita a Palermo venne trovata positiva al coronavirus. Fu la paziente 1 in Sicilia. Successivamente altri due turisti della stessa comitiva lombardo-veneta risultarono positivi al test. L’albergo nel quale alloggiavano, il Mercure, fu chiuso e tutti i clienti sottoposti a tampone. 

Fino al giorno prima nell’Isola si circolava liberamente, si incontravano gli amici, gli aperitivi, le cene, poi la corsa alle mascherine, i primi tamponi.

Il primo, lungo, anno di pandemia va in archivio con un drammatico bilancio di oltre 4.000 morti nell’Isola e 150 mila casi accertati. Dodici mesi vissuti tra restrizioni e isolamento, Dpcm e ordinanze, lockdown e assembramenti, nel tunnel del virus che sembra senza fine. 

Il rituale del bollettino di contagiati e morti da parte della Protezione Civile cominciò il 23 febbraio e i primi due decessi in Sicilia si registrarono il 12 marzo del 2020 quando ormai l’epidemia circolava alla grande e cominciava a  diffondersi a macchia d’olio.

Il 4 marzo il governo decide la chiusura di tutte le scuole. Sarà solo il primo di una lunga serie di provvedimenti che saranno annunciati dal premier Giuseppe Conte in diretta televisiva e social. Il successivo, firmato l’8 marzo, estendera’ il lockdown della Lombardia a tutta Italia, il primo Paese occidentale ad adottare le misure restrittive. Si ferma lo sport, chiudono cinema e teatri, bar e ristoranti, congressi e convention, le aziende ricorrono allo smart working e al lavoro agile.

Le città italiane sono attraversate dal silenzio, le strade e le piazze sono vuote, dai balconi spuntano gli striscioni con «andrà tutto bene», saltano feste e ricorrenze. 

Ad aprile la curva comincia a scendere e le maglie delle restrizioni ad allargarsi, mentre il governo appronta la cosiddetta “fase 2” cone le progressive riaperture scattate a maggio. Il 15 giugno è il momento della “fase 3”, con ulteriori alleggerimenti, che prevedono anche la ripartenza del campionato di serie A.

Luglio e agosto saranno però i mesi della quasi totale riapertura, discoteche comprese. Un “liberi tuttii”, come e’ stato interpretato da molti, di cui l’Italia pagherà le conseguenze nei mesi successivi. Il 14 settembre viene decisa la riapertura delle scuole – che poi slitterà da regione a regione -, mentre nel Paese aumenta la sensazione di una recrudescenza del virus. Ad ottobre scoppia, infatti, la seconda ondata e il premier Conte firma un nuovo Dpcm per la chiusura delle attività e limitazioni agli spostamenti.

Il ricordo di marzo è ancora vivido, e il governo decide di ricorrere alle cosiddette zone colorate, gialla, arancione e rossa, in base alla gravità della diffusione del virus nelle singole regioni, andando spesso allo scontro con i governatori. 

Le feste di Natale passano in “lockdown”, con i tradizionali cenoni sostituiti da più sobrie tavolate tra parenti stretti ma anche con le immagini di tanta troppa gente assembrata per lo shopping. Ma il il 27 dicembre scatta il ‘Vaccine Day’ in tutta Europa, Sicilia compresa.

«Finora abbiamo somministrato vaccini a 300mila siciliani e la salvezza sta soltanto nella possibilità di immunizzare la stragrande maggioranza dei nostri concittadini, almeno l’80%», ha detto oggi il presidente della Regione Nello Musumeci inaugurando nel padiglione 20 della Fiera del Mediterraneo, il primo hub vaccinale.

Oggi, un anno dopo sono stati anche reclutati quasi 10mila operatori sanitari, sono nati i Covid hospital, i posti di terapia intensiva sono 833 più che raddoppiati rispetto a prima.

«Siamo fra le prime regioni in Italia ad aver predisposto la logistica curando tutti i particolari e abbiamo allestito in maniera davvero celere questo padiglione grazie alla collaborazione del comune di Palermo e in altre province grazie anche ad altri enti – ha detto il presidente Musumeci -. Spero solo che arrivi una sufficiente quantità di fiale per poter somministrare ogni giorno migliaia di vaccini. Qui abbiamo personale e strutture. Quando sarà finita questa drammatica vicenda – ha aggiunto – ricorderemo tutti di essere stati testimoni e protagonisti attivi di un’esperienza che ci ha formati e duramente provati, ma la Sicilia in questa vicenda dolorosa ha saputo essere presente alle proprie responsabilità». 

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