Ruggero Razza sta limando, riga per riga, il foglio excel nella sua stanza in assessorato. E oggi, o al massimo domani, quella lista dovrebbe trasformarsi nella fotografia di una realtà non più virtuale. Né top secret. È la prima tappa dell’adeguamento della sanità siciliana alla seconda ondata della pandemia: mappa definitiva dei reparti Covid, ma soprattutto aumento delle terapie intensive.
Del resto non c’è più tempo da perdere. A Gela (quasi 200 contagi) l’intero reparto di Medicina sarà riconvertito per ospitare soltanto pazienti Covid. A Palermo, ieri mattina, il caos nei pronto soccorso, con pazienti positivi sono assistiti dentro le ambulanze: 44 al Civico, 43 al Cervello, mentre a Villa Sofia 70 persone senza Covid ma in attesa. Quanto basta al Pd per scagliarsi contro Nello Musumeci: «Ha sottovalutato la necessità di riorganizzare la rete ospedaliera in vista della nuova ondata di contagi, ampiamente prevista», attacca il capogruppo all’Ars, Peppino Lupo, definendo il governo regionale «drammaticamente inadeguato a gestire l’emergenza».
Ma qual è l’attuale situazione? Partiamo dai dati di ieri. In Sicilia i ricoverati con sintomi sono 839, in terapia intensiva 115 persone. Una quota, quest’ultima, che si avvicina (quattro in più in 24 ore) alla «soglia d’allerta» stimata dagli esperti del Cts regionali «a partire dai 175» pazienti intubati. Ma per Enzo Massimo Farinella, direttore di Malattie infettive del Villa Sofia-Cervello di Palermo, il sistema regge ancora: «In Sicilia siamo sotto pressione, ma non si può parlare di una vera e propria emergenza nelle terapie intensive, finora stiamo tenendo bene alla seconda ondata». Questa, comunque, la mappa aggiornata a ieri pomeriggio nelle due principali città dell’Isola: a Catania occupati 11 posti sui 14 disponibili al San Marco (ma possono essere estesi fino a 24), al Policlinico 12 su 14; al Garibaldi solo 2 letti disponibili su 19; a Palermo pieni 10 posti su 12 al Cervello, utilizzati tutti i 10 del Civico, ma con la riserva di altri 9 più 9 in terapia intensiva respiratoria, oltre ai 3 pediatrici, per ora fruibili, dell’ospedale dei Bambini.
Un report completo sulla Sicilia, aggiornato al 28 ottobre, è emerso ieri nel corso della videoconferenzafra il commissario nazionale per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, e le Regioni, alla presenza del ministro Francesco Boccia. Nell’Isola i posti in terapia intensiva attivi prima dell’emergenza erano 418, mentre oggi – secondo i dati di Palazzo Chigi – sono 588, con un tasso di occupazione del 19% (il livello di allarme per il sistema sanitario è al 30%), che secondo Arcuri sarebbe di un punto inferiore se la Regione avesse utilizzato tutti i 215 respiratori distribuiti da Roma (45 dei quali risultano «non attivati»), arrivando a quota 633. «Purtroppo il commissario Arcuri equipara un singolo ventilatore a un posto letto, dimostrando di non avere contezza della realtà sanitaria», è il gelido commento che fuoriesce dall’assessorato regionale alla Salute. E Musumeci, a Sky Tg24, spiega: «Noi possiamo realizzare i posti letto in tre giorni e ci stiamo lavorando, ma vorrei capire accanto al posto di terapia intensiva quale sanitario specialista mettere? Se il ministro Boccia ha una particolare riserva sarei felice di averla a disposizione».
Il governatore esplicita l’obiettivo più importante, quello a breve termine: «Stiamo lavorando alle terapie intensive, per arrivare nei prossimi giorni a 800 posti letto». E cioè: gli attuali 588, più i 251 previsti nello schema di Razza. Musumeci aggiunge che «dall’altro lato stiamo lavorando con i 128 milioni messi a disposizione dal commissario Arcuri».
E qui entriamo nel piano di adeguamento strutturale e tecnologico dei reparti di intensiva (253 nuovi posti) e sub-intensiva (318, metà dei quali riconvertibili al livello superiore) e dei pronto soccorso siciliani. Proprio ieri lo stesso Arcuri ha fatto il punto sui 21 «lotti geografici» degli Accordi Quadro, la cui «procedura aperta di massima urgenza» è stata pubblicata lo scorso 2 ottobre, per «l’affidamento di lavori, servizi di ingegneria e architettura e altri servizi tecnici». In pratica: una gara centralizzata del commissario nazionale per scegliere le imprese e i professionisti che realizzeranno le opere del piano, con la pubblicazione degli aggiudicatari prevista il 2 novembre. «Le 11 Regioni che hanno richiesto la delega – scandisce Arcuri – potranno avvalersi degli operatori economici aggiudicatari degli Aq, oppure procedere autonomamente». La Sicilia è fra queste, con Musumeci commissario delegato. In ritardo, secondo lui, perché «se la mia nomina fosse arrivata a luglio anziché l’8 ottobre molti cantieri sarebbero stati già chiusi». Mentre Arcuri sostiene tutt’altra tesi: «Il comma 14 dell’articolo 2 del decreto rilancio diceva che le Regioni da maggio potevano realizzare gli investimenti per i piani di rafforzamento degli ospedali e il commissario poi li avrebbe potuti finanziare». A Palazzo Chigi sottolineano i tempi di attuazione lunghi dei piani regionali ricevuti: due anni e tre mesi la media nazionale, un beffardo sproposito in un contesto di emergenza. La Sicilia, con una stima di poco più di 500 giorni per i suoi interventi, è al settimo posto fra le Regioni più “veloci”.
Ma, al di là della sottile polemica di Arcuri, il commissario Musumeci sembra intenzionato ad avvalersi della facoltà di utilizzare gli aggiudicatari del bando nazionale, tanto più che il lotto regionale vede una lista di operatori quasi tutti siciliani. Nel frattempo, però, Tuccio D’Urso (soggetto attuatore e capo della struttura tecnica di supporto) sta coordinando un prezioso lavoro preparatorio sui 34 interventi previsti in 16 aziende sanitarie e ospedaliere in Sicilia. Un preciso monitoraggio, con i manager, sulle opere da realizzare. Con l’idea di consegnare i progetti definitivi (redatti da tecnici interni ad Asp e ospedali, o con la consulenza di professionisti della struttura regionale di supporto) alle imprese scelte da Roma, per accelerare al massimo l’iter. Sperando che la pandemia non sia troppo più veloce della burocrazia.