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Sicilia, per ora niente ordinanza. Musumeci tratta le deroghe al Dpcm

Di Redazione |

CATANIA –  «Seguirà una mia ordinanza», l’annuncio di martedì pomeriggio. Mentre era in corso il confronto fra Regioni e Palazzo Chigi sul Dpcm.

Ma, almeno per ora, Nello Musumeci (così come gli altri suoi colleghi governatori) non dovrebbe firmare alcun atto che possa diversificare in Sicilia alcune delle regole fissate dal decreto del presidente del Consiglio. «Le mie ordinanze – ha detto ieri, a margine della conferenza stampa di “Io Compro Siciliano” a Palermo – sono legate al dato epidemiologico. Quelle che dovevamo adottare le abbiamo adottate, continuiamo a fare appello alla responsabilità individuale e collettiva dei siciliani. Dobbiamo tornare a essere esempio come lo siamo stati nei mesi di marzo, aprile e maggio».

In effetti sarebbe complicato in questo momento avventurarsi in un nuovo provvedimento, perché quelli permessi alle Regioni sono di tipo più restrittivo rispetto al quadro nazionale. E invece stavolta Musumeci avrebbe preferito avere mano libera per allentare la morsa su alcuni divieti. «Siamo rimasti fino alla mezzanotte a discutere con Palazzo Chigi. Abbiamo dato l’assenso, diverso il nostro parere per quel che riguarda la norma che prevede limitazioni allo svolgimento di cerimonie nuziali, feste e ricorrenze. È una assurdità perché si compie un atto di ingiustizia», dice Musumeci.

Per il quale non c’è coerenza con il dpcm appena varato: «Non possiamo da un lato consentire che sull’aereo due persone sconosciute stiano una accanto all’altro e imporre un limite di 30 persone per partecipare ad una cerimonia nuziale che di solito accade una sola volta nella vita. Questo diventa un motivo in più a scoraggiare le coppie a coronare il loro sogno». E tutto ciò, aggiunge con una sostanziosa dose di rammarico», proprio quando la Regione «ha varato un bonus per le coppie che vogliono sposarsi». E taglia corto: «Abbiamo detto che il nostro parere era fortemente vincolato e abbiamo dato un paio di giorni al governo Conte per potere rimediare».

Il primo giorno, ieri, è già trascorso. Le ultime 24 ore prima della scadenza dell’ultimatum delle Regioni al governo, oggi, si consumeranno fra ulteriori contatti fra i governatori più “aperturisti” (Musumeci sta dialogando soprattutto con Fedriga, Toti e Bonaccini) e un’interlocuzione comune con Roma. Il decreto che, in materia di Covid, disciplina il rapporto fra regole nazionali e regionali, oltre al via libera a provvedimenti locali più restrittivi, lascia aperta uno spiraglio anche a misure meno rigide se concertate col ministero della Salute. Ed è da qui che la trattativa riparte, dopo aver inghiottito qualche bocconcino amaro con un Dpcm che per Palazzo d’Orléans contiene «alcuni elenti di forte incoerenza».

Il fronte, comune e in parte trasversale, dei governatori ha deciso di non arrivare al muro contro muro che scaturirebbe da ordinanze in contrasto con alcuni punti del Dpcm. In Sicilia, ad esempio, si potrebbe ipotizzare una diversificazione dei limiti di presenze alle cerimonie. «Se non c’è buffet, ma servizio al tavolo, che motivo c’è per avere vincoli che non ci sono in un locale aperto al pubblico?», è una delle perplessità che potrebbe avere un risvolto concreto, assieme a una maggiore flessibilità degli orari serali di ristoranti e pub, con la possibilità di regolarsi rispetto all’ingresso dei clienti e non alla chiusura tout court.

E, pur non escludendo il rischio di imbarcarsi in un contenzioso giudiziario, Musumeci e altri colleghi confidano nell’interlocuzione aperta proprio col ministro Roberto Speranza. Che avrebbe già sondato il Cts sulla fattibilità di alcune concessioni. Due-tre misure specifiche, su cui il governo potrebbe concedere una deroga, con un “patto di desistenza” rispetto a eventuali ordinanze, con testi concordati, che non sarebbero impugnate da Palazzo Chigi. Oggi ne sapremo di più.

Twitter: @MarioBarresi

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