Rialzo contagi, Sicilia pronta a prendere decisioni autonome: «Minimo arancione!»

Di Mario Barresi / 07 Gennaio 2021

CATANIA – A un certo punto, ieri pomeriggio, nel corso dell’atteso confronto in videoconferenza col Cts, uno dei saggi della Regione si esprime in stampatello maiuscolo: «Il problema non è l’aumento esponenziale dei contagi, che fa della Sicilia la quarta regione per nuovi casi a livello nazionale. Il punto, adesso, è che anche gli ospedali stanno ricominciando a essere in sofferenza. Non c’è altra soluzione: bisogna stringere, senza pensare troppo a quello che fa o che dice il governo nazionale ».

E infatti sarà un’appendice grafica, nel parere che sarà consegnato stasera al governo regionale, l’asso nella manica dei “falchi” – la netta maggioranza, a dire il vero – del comitato tecnico-scientifico per convincere Nello Musumeci (che, del resto, è alquanto persuaso di suo) della necessità di «scelte chiare e coraggiose». Sulla scuola, con il “divieto” di ritorno in classe fino a tutto gennaio alle superiori e con l’ipotesi di misure restrittive anche negli altri ordini (ne parliamo, nel dettaglio, nell’altro articolo della pagina, ndr), e Roberto Lagalla costretto a ingoiare il rospo di un «parere unico» (l’assessore all’Istruzione ne aveva chiesto uno ad hoc), «perché la situazione scolastica non si può decontestualizzare dal quadro di rischio epidemiologico». Ma soprattutto sulle «misure necessarie a proteggere l’ottimo lavoro che stiamo facendo sulla campagna di vaccinazioni», come tiene a precisare, in apertura dell’incontro, Ruggero Razza «per rappresentare la posizione del presidente» Nello Musumeci.

E questa volta la linea dura del Cts trova un diffuso consenso nel governo regionale. Non a caso, poco prima del confronto col Cts, lo stesso assessore alla Salute non fa mistero di pensarla allo stesso modo. «È opportuno prevedere concrete azioni contenitive parametrate alla situazione». Un contesto che vede una crescita dei contagi (1.692 i nuovi positivi al Coronavirus su 9.767 tamponi processati) che per Razza «non è inattesa». Piuttosto è «il risultato di comportamenti che tutti abbiamo avuto modo di rilevare e documentati anche da alcune immagini arrivate dalle nostre città». L’assessore minimizza la pressione sui reparti Covid, affermando che «osserviamo, fortunatamente, un’incidenza non critica dei ricoveri ospedalieri», ma da una rielaborazione delle statistiche, che oggi sarà allegata al parere del Cts, si evincerebbe invece un trend «nuovamente molto preoccupante», soprattutto nel Palermitano.

E allora che si fa? Il Cts s’è messo al lavoro sul documento che sarà consegnato oggi in serata, per farlo analizzare alla giunta regionale in programma alle 19. Dalla seduta, però, dovrebbero emergere indicazioni immediate soltanto sulla scuola. Per il resto si attende. Oggi stesso Musumeci e Razza avranno un doppio delicato confronto: la cabina di regia nazionale e la Conferenza Stato-Regioni. Da qui dovrebbe emergere la linea del governo nazionale sul decreto annunciato per domani, ma anche la posizione degli altri governatori.

Ma la Sicilia, stavolta, potrebbe fare a modo suo. Senza rompere con Roma, nel rispetto della «leale collaborazione istituzionale» più volte evocata da Musumeci. Che però oggi non potrà ignorare un documento che, dalle premesse emerse nel confronto con gli esperti, si preannuncia molto duro. Un chiaro messaggio arriva da Cristoforo Pomara, influente componente del Cts: «Ritengo un errore andare dietro soltanto all’indice Rt (che indica il tasso di contagiosità di ogni singolo infetto, ndr)». Dai dati informalmente arrivati sul tavolo di Razza, l’ultimo aggiornamento (quello decisivo per le prossime scelte di Palazzo Chigi) in Sicilia vedrebbe un Rt prossimo allo 0,99, di poco al di sotto della media nazionale.

«Ma se fra una settimana, com’è probabile, dovesse salire ancora, che facciamo?», si chiedono all’assessorato alla Salute. Trovando una robusta sponda nel comitato tecnico-scientifico. «Mi parrebbe più prudente rapportare per ogni singola realtà regionale le scelte ai parametri di occupazione dei posti-letto di terapia intensiva e guardare al rapporto tra tamponi molecolari effettuati sui tamponi positivi», scandisce Pomara. E aggiunge: «Per vedere gli effetti dei provvedimenti bisogna programmare almeno a tre settimane, tutto il resto non ha senso. Oggi cominciamo a vedere gli effetti della zona gialla prenatalizia, è serio parlare di apertura di scuole in pieno piano vaccinale in corso? È un non senso. Le decisioni che si assumono oggi avranno inevitabili ricadute sulla campagna vaccinale. La mia non è una ipotesi personale, ma un dato di fatto».

Il docente universitario di Medicina legale, all’interno del Cts, è in ottima compagnia. Perché quasi tutti gli esperti, negli interventi, sottolineano la necessità di «misure non più rimandabili». Sulle scuole, ma anche su luoghi di assembramento, trasporti ed esercizi commerciali. Musumeci li valuterà, ma «non prima di vedere cosa scrive Conte nel suo decreto», riferiscono fonti di Palazzo d’Orléans. La principale scelta sarà il colore della regione. E, al netto dell’ipotesi di un’Italia tutta in arancione che circola in queste ore a Roma, la Sicilia oscilla fra il giallo «rafforzato» e l’arancione. Ma nel Cts, all’interno del quale è stata apprezzata la «predisposizione seria e consapevole» mostrata da Razza, la linea più spregiudicata è quella di «sganciarsi dalle schizofrenie e, se necessario, anche dai parametri nazionali». E decidere in proprio, con dati e analisi «all’insegna dell’oggettività».

In brusca sintesi significa che «come minino» la Sicilia dovrà essere in arancione. E di certo, rispetto alle scelte del governo, «non potremo scalare, ma salire a un livello di stretta maggiore». Più chiaro di così…

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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